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Può succedere di tutto
Ho scritto di “ rivoluzione fiscale passiva” intendendo quella che il ceto medio produttivo italiano potrebbe realizzare, vessato oltre il ragionevole dal fisco e vittima di un sistema bancario sempre meno dedito alla sua specifica funzione di prestatore di moneta e sempre più protagonista e vittima di temerarie operazioni finanziarie.
Ridotta ai minimi termini la disponibilità di cassa e dovendo scegliere tra versamenti contributivi, trimestrali IVA, tasse, bollette e balzelli vari di fine anno, e il pagamento di dipendenti e fornitori, potendo, non v’è dubbio che commercianti, artigiani , agricoltori e piccoli e medi industriali, preferiranno quest’ ultimo ai primi. E il conseguente crac del sistema Stato sarebbe inevitabile.
E’ pur vero che, come scriveva Flaiano : “gli italiani vogliono la rivoluzione, ma preferiscono fare le barricate con i mobili degli altri”,ma quando accade ciò che sta succedendo nell’affaire delle quattro banche del centro Italia, o sta avvenendo per gli imprenditori del Nord Est, possessori di azioni di Veneto Banca che hanno perso gran parte del loro valore d’acquisto con conseguenze drammatiche per i bilanci societari dei piccoli risparmiatori e investitori, tra i quali le imprese suddette, la situazione diventa veramente grave e molto seria.
Perduta in parte la storica funzione per cui nacquero queste banche popolari e del territorio, compresa quella elementare di cambio valuta ( la ragione primigenia della nascita del sistema bancario al tempo dei mercanti imprenditori del 1200 italiano; qualche giorno fa ho chiesto proprio a Veneto Banca di cambiarmi alcune valute cartacee straniere risultanti da viaggio all’estero sentendomi rispondere che tale funzione non rientra tra quelle svolte da quella Banca ?!) e tuffatesi nelle spericolate operazioni finanziarie, derivati e acquisto di edge funds compresi, oltre a quelle collegate ai prestiti ad amici e famigli più o meno garantiti, quelle che hanno rappresentato per molti anni fattori di promozione e sviluppo delle attività delle nostre PMI, stanno ora rischiando di diventare cause dirette della loro morte economica.
Comprendiamo sempre meno l’arrogante baldanza del giovin signore fiorentino illegittimamente assurto al ruolo di capo del governo e siamo fortemente preoccupati per ciò che potrà accadere a breve con la crisi generalizzata del terzo stato produttivo, unico motore reale del sistema Italia, dal quale dipendono tanto gli agi, gli sprechi e le sregolatezze della casta, quanto i sudati emolumenti dei diversamente tutelati, e le stesse rapine del quarto non Stato.
La fase del disimpegno elettorale e del disorientamento generale del terzo stato è destinata a concludersi e dopo? Dopo può succedere di tutto.
Ettore Bonalberti
Venezia, 18 Dicembre 2015
Elezioni di Primavera con candidature condivise
Questa é lo stato della democrazia in cui siamo ridotti a vivere in Italia: un Parlamento di eletti illegittimi, un presidente della Repubblica eletto da questi illegittimi tra i quali spiccavano le assenze, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, del segretario del partito di maggioranza e presidente del Consiglio, mai eletto e imposto dal “golpe blanco napolitano”, e di quello del maggior partito di opposizione espulso dal Senato con un’applicazione della Legge Severino con effetto retroattivo.
Una situazione istituzionale assurda e paradossale cui si accompagna una strana modalità che viene seguita nella scelta dei candidati a Sindaco, alla vigilia delle prossime elezioni amministrative locali che vedranno impegnati gli elettori di città capoluogo come Roma, Milano, Napoli, Bari e Torino.
Paradossale quella di Milano, dove il PD, ancora una volta, è costretto a rifugiarsi in quel brav’uomo per tutte le stagioni e le bandiere, di Giuseppe Sala, osannato commissario di EXPO 2015, che, raggiunto l’obiettivo dei 20 milioni di visitatori, per lo più italiani essendo tuttora ignote le cifre dei visitatori stranieri, lascia una pesante eredità: l’arresto di alcuni tra i suoi più stretti collaboratori con le solite accuse collegate agli appalti e un buco di gestione di oltre 300 milioni di euro.
Emblematico viatico per un probabile Sindaco di una città come Milano, che, se fosse candidato per una qualsivoglia società privata, con un simile precedente sarebbe immediatamente messo in disparte tra coloro assolutamente “unfitted” (inidoneo).
Non meno stucchevole ciò che sta accadendo nel campo del centro-destra in quella stessa città, dove il Cavaliere medita di indicare per tutti il candidato alternativo al PD sulla base dei suoi sondaggi, con particolare privilegio per qualcuno già a libro paga di Mediaset.
A me pare che la situazione a Milano sul fronte dell’alternativa a Pisapia sia molto chiaro.
Esiste una candidatura annunciata da tempo di Corrado Passera il quale ha correttamente indicato il suo programma per Milano. E si sta affermando quella di un giovane, Nicoò Mardegan, che ha saputo costruire attorno alla sua persona un gruppo di amici con cui ha dato vita al movimento NoixMilano.
Trattandosi di candidati di provenienze politico culturali e partitiche diverse, entrambi, comunque, impegnati per l’alternativa alla sinistra che da tempo regge il governo milanese, si dovrebbero acquisire eventuali altre candidature e procedere a un metodo di selezione del candidato unitario come quello che a Venezia indicammo come "le cittadinarie”, ossia una libera scelta degli elettori secondo un regolamento che avevamo redatto, al fine di evitare metodi di selezioni di tipo elitario e aziendalistico, come quello che Berlusconi vorrebbe adottare per la città della Madunina.
Altra possibilità alternativa, mettere sul tavolo i programmi e i candidati e trovare un’intesa su entrambi i fronti.
Il tempo dei "missi dominici" indicati dall’Imperatore sono da tempo tramontati ed é giunta l’ora di ritornare a metodi di ampia partecipazione democratica senza i quali, si tratti del Cavaliere o del suo giovane emulo fiorentino, non solo non si va da nessuna parte, ma se prevalessero i primi suonerebbero offesa alle tradizioni autonomistiche, popolari, liberali e riformiste di Milano.
I Popolari Italiani e quanti hanno già sottoscritto il Patto di Orvieto, a Milano come a Roma e negli altri comuni in cui si voterò a primavera, opereranno per concordare programmi e candidati unitari, alternativi al renzismo e alle sinistre post comuniste,premessa per far emergere la nuova classe dirigente che guiderà l’Italia nella Terza Repubblica.
Ettore Bonalberti
Quarta tappa verso il forum nazionale
Si era avviato il 18 Luglio, nella casa del Beato Antonio Rosmini a Rovereto, con il documento appello all’unità, il percorso che porterà le diverse anime dei popolari italiani, dei liberali e riformisti all’obiettivo finale del Forum nazionale da cui si intende far nascere il nuovo soggetto politico del centro italiano.
Il 29 Novembre è stato siglato il Patto di Orvieto tra i Popolari liberali di Carlo Giovanardi, i Popolari per l’Italia di Mario Mauro, il movimento IDEA di Gaetano Quagliariello e l’Associazione Liberi e Forti di Ettore Bonalberti, con il quale si sono riconfermate le conclusioni di Rovereto e ancor meglio precisate le tappe successive da compiere per la nascita del nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans-nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo al socialismo trasformista renziano, ai populismi estremi e alla sinistra post comunista.
Si attendevano i deliberati del NCDU di Mario Tassone, che ha riunito la propria conferenza nazionale il 12 dicembre a Roma, conclusasi con l’approvazione della relazione del segretario nazionale e l’impegno “a svolgere ogni azione al fine di un coordinamento con i vari soggetti politici e movimenti con cui è in atto un confronto per realizzare un nuovo soggetto politico federato di centro, con l'obiettivo di presentarsi alle prossime scadenze elettorali amministrative e politiche”.
Quarta tappa ieri 13 Dicembre a Roma con il Congresso nazionale dei Popolari per l’Italia di Mario Mauro. Il Congresso, oltre alla riconferma del sen Mauro alla guida del partito e alla nomina della nuova direzione, ha confermato l’adesione di tutto il partito al Patto di Orvieto, compiendo in tal modo, come ha ricordato l’On Potito Salatto, Vice segretario nazionale dei Popolari per l’Italia, “un significativo passo in avanti verso la costituzione di un soggetto politico unico dei popolari italiani che si pone al centro dello scenario politico italiano, distinto dal renzismo e distante dal grillismo”.
Numerosi gli interventi nel dibattito, tra i quali quello di Carlo Giovanardi che ha ribadito le ragioni di dissenso dalla linea portata avanti dal NCD in contrasto con le motivazioni fondative di quel partito; dell’On Ciocchetti per i Conservatori di Raffaele Fitto, esprimendo apprezzamento e interesse al progetto di ricomposizione dell’area dei moderati italiani la cui leadership dovrà essere definita partendo dalle realtà territoriali; di Ivo Tarolli e Mario Tassone del NCDU, che hanno offerto al convegno, con le conclusioni della loro conferenza nazionale, la volontà di continuare nel progetto a partire dalla costruzione di liste unitarie sin dalle prossime elezioni amministrative di primavera.
Impegno confermato anche da Pino Bicchielli a nome degli amici di Italia Unica di Corrado Passera, unitamente alla volontà di concorrere alla costruzione del nuovo soggetto ampio, inclusivo e in grado di porsi quale credibile alternativa al renzismo dominante.
A metà congresso è giunta una lunga telefonata del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, il quale, riconoscendo la comune appartenenza al Partito Popolare Europeo, ha svolto un’ampia disamina delle condizioni gravissime in cui versa il sistema democratico italiano insieme a quelle che lo stesso Mario Mauro aveva indicato come il vero “convitato di pietra” con cui Renzi si trova a dover fare i conti: la pesante realtà del Paese, distante anni luce da quel falso ottimismo che il giovane- vecchio politico fiorentino cerca di spandere quotidianamente senza costrutto. Il valore dello slogan di Rovereto: UNITI SI VINCE, è stato riproposto da Berlusconi riconfermando la volontà di battersi per ricostruire l’unità dei moderati per le prossime elezioni locali e per quelle politiche che verranno.
Particolarmente apprezzati anche i documenti inviati al congresso da Gaetano Quagliariello a nome degli amici di IDEA e da Flavio Tosi per il movimento del FARE. Se Quagliariello, riconfermando il Patto di Orvieto, ha offerto l’adesione di tutto il suo movimento-partito al progetto, Flavio Tosi ha ricordato le ragioni del suo interesse per il processo avviato sottolineando che servono : ”coerenza, coraggio, e concretezza. Il vero rilancio dell’Italia non può che passare da qui. Il populismo, la demagogia, gli slogan, e le frasi ad effetto, si infrangono e continueranno ad infrangersi contro ciò che realmente chiede la gente, ossia proposte credibili per abbassare la pressione fiscale, una lotta a tutto campo contro una burocrazia elefantiaca, maggiore sostegno alle piccole e medie imprese per tornare a creare ricchezza e occupazione, una giustizia più giusta - rapida ed efficace - maggior sicurezza nelle città e difesa della famiglia naturale”.
Il documento di Tosi era supportato dalla realtà di un coordinamento già avviato nel Veneto tra i popolari e i liberali e riformisti, concretizzatosi nell’adesione della Lista civica e popolare dei veneti alla candidatura di Tosi alla guida della Regione (10,9 %di voti nella recente campagna elettorale), un modello quello del Veneto che nel mio intervento ho sollecitato ad attivare sia a livello nazionale, con un comitato di coordinamento unitario, paritetico, aperto e inclusivo a quanti sono interessati al progetto, che in tutte le sedi territoriali dove sia concretamente possibile.
Dall’attuale suicida frantumazione dobbiamo assolutamente uscire per non restare inutili comparse nel deserto culturale della politica italiana. Ci conforta la certezza che siamo Nani, ma che possiamo essere Giganti se sulle nostre spalle ci porteremo con coerenza il Vangelo, la Dottrina sociale della Chiesa, il Popolarismo, il Cattolicesimo democratico, l'Umanesimo cristiano. Come ho ribadito ieri nel mio intervento al congresso: riappropriamoci consapevolmente di questo enorme patrimonio di Valori e di Etica politica e scrolliamoci dell'afasia e con coraggio riprendiamo il cammino INSIEME ai tanti fratelli, uomini e donne di buona volontà.
Ieri a Roma si è fatto un altro passo importante verso l’obiettivo finale che ci dovrà vedere tutti riuniti a primavera nel Forum nazionale dei Popolari, liberali e riformisti italiani, per dar vita al nostro nuovo rassemblement national sul modello dell’UMP francese, in grado di offrire, soprattutto a coloro che da tempo disertano le urne, ai ceti medi e popolari del terzo stato produttivo vittime della crisi complessiva del Paese, una nuova speranza.
Ettore Bonalberti
Venezia, 14 Dicembre 2015
Firmato il Patto di Orvieto ora seguano i fatti
Con il Patto di Orvieto sottoscritto il 29 Novembre scorso abbiamo concordato quanto segue:
a) di dar vita al Coordinamento dei movimenti Popolari, liberali, conservatori e riformisti di tutti i partiti, associazioni, gruppi e persone che sono interessati a sviluppare nel Paese la nascita di un soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo al socialismo trasformista renziano, ai populismi estremi e alla sinistra post comunista; un coordinamento paritetico, inclusivo e aperto a tutte le forze che condividendo gli stessi valori intendono parteciparvi; coordinamento da organizzare ed estendere in tutte le realtà territoriali del Paese e nelle sedi istituzionali locali e parlamentari;
b) di condividere e sostenere gli stessi orientamenti e obiettivi in politica estera, immigrazione, integrazione sociale e sicurezza, fisco ed economia, giustizia e Stato e sulle questioni etiche che attengono al primato della persona e della famiglia,
c) di sostenere e cooperare ad ogni iniziativa che vada verso il recupero e la valorizzazione della nostra cultura politica e dei nostri valori di riferimento;
d) di favorire la nascita sull'intero territorio nazionale di Gruppi Civici Territoriali del Coordinamento che, aperti alla partecipazione e al coinvolgimento e ricorrendo anche ai moderni sistemi di comunicazione, facciano rifiorire le specificita' dei loro territori in un contesto di armonia e di sintesi con le grandi scelte del Paese;
e) di promuovere ad ogni livello (comunale e regionale), in occasione delle prossime elezioni amministrative, LISTE CIVICHE TERRITORIALI, aperte e caratterizzate da programmi concreti ed innovativi;
f) di sollecitare, un Forum Nazionale di partiti, associazioni, movimenti e semplici cittadini da tenersi entro la primavera del 2016, che dia vita ad un Nuovo Grande Soggetto Politico che si ponga come obiettivo di offrire un proprio contributo al riscatto della comunità italiana e internazionale: di favorire l’emergere di una nuova classe dirigente che, a partire dalle prossime elezioni amministrative, sappia raccogliere il testimone delle migliori tradizioni politico culturali della storia repubblicana italiana
Ora si tratta di dare pratica attuazione agli adempimenti sottoscritti.
Tra alcuni giorni si celebreranno due importanti scadenze a Roma:
il 12 Dicembre la Conferenza nazionale del Nuovo CDU di Mario Tassone e il giorno successivo il Congresso dei Popolari per l’Italia di Mario Mauro; confidiamo che in entrambe le assise siano assunte le decisioni conseguenti a quanto entrambi i due movimenti hanno confermato a Orvieto.
Ci auguriamo anche che dopo i sin qui timidi segnali pervenuti da altri partiti e movimenti che condividono quanto da noi formalmente sottoscritto a Orvieto, essi sappiano superare le loro titubanze e, soprattutto, le velleitarie presunzioni di autosufficienza e concorrano con tutti noi a dar vita all’indispensabile coordinamento del Patto, tanto a livello nazionale che nelle diversi sedi territoriali locali, specie in quelle in cui si svolgeranno le prossime elezioni amministrative.
Ettore Bonalberti
Domenica, 6 Dicembre 2015
Ai sacerdoti veneziani
Scrivo le mie noterelle politiche con intensa frequenza cercando, come si usa dire, di “ stare sul pezzo”, soprattutto perché, privi di ogni altro strumento comunicativo, l’utilizzo dei messaggi on line su mailing list selezionate resta una delle poche opportunità di cui disponiamo per far conoscere la proposta politica del nostro movimento politico culturale.
Certo per molti tutto ciò può risultare un po’ fastidioso, anche se basta un clic e il messaggio ricevuto come d’incanto scompare.
Sollecitato da qualche amico più esperto di questioni ecclesiastiche, da qualche tempo ho iniziato a inviare alcune delle mie note alle parrocchie della nostra città di Venezia, agli indirizzi di posta elettronica che risultano pubblicamente agli atti on line della diocesi di Venezia.
Cerco di selezionare le note che in qualche maniera si collegano al difficile tentativo che, come cattolici impegnati in politica, intendiamo compiere per tentare di tradurre nella “città dell’uomo” gli orientamenti propri della dottrina sociale della Chiesa.
Già alle mie prime comunicazioni qualche sacerdote mi ha chiesto di essere cancellato dalla mailing list; qualcuno anche con risposte seccate che mal celavano una certa insofferenza, vuoi per sentirsi disturbati dal ricevere una nota di natura politica, vuoi per un’ inconfessabile sensibilità di diverso orientamento politico culturale.
Appartengo a una generazione di ex giovani di azione cattolica per i quali la trafila tra l’impegno nell’associazionismo cattolico prima e nel sociale e politico poi era la sequela fisiologica della nostra esperienza; un’esperienza che era prima ecclesiale e poi politico amministrativa, secondo un percorso che spesso, come nel mio caso, era stimolato e favorito dagli stessi nostri sacerdoti educatori.
Certo i tempi sono profondamente cambiati e molti degli attuali pastori d’anime sono il frutto di una preparazione seminariale inevitabilmente espressione dei tempi nuovi post conciliari, non scevri da una profonda distonia con quella che è stata la grande tradizione dei cattolici democratici e cristiano sociali in Italia.
Ciò che, però, mi ha fatto più male è stata l’odierna richiesta ricevuta da un sacerdote, che fortunatamente non conosco, il quale mi ha chiesto di essere cancellato dalla mailing list al ricevimento dei miei auguri per il Santo Natale. Passi per quelli che lo decidono per una diversa idea della politica, ma che venga fatta tale richiesta addirittura ad una mail di auguri per il Natale mi sembra un autentico “scherzo da prete” e da prete, oltre tutto, un po’ maleducato, visto che non si é nemmeno degnato di una firma. Questa, infatti, la sua lapidaria anonima missiva: “ Per favore cancellami ... Troppe mail grazie “
Ho pensato alle difficoltà enormi di Papa Francesco nelle sua quotidiane sollecitazioni pastorali che dovrebbe vedere i sacerdoti totalmente vicini al popolo e non solo per il normale disbrigo degli affari liturgici ed ecclesiali correnti, ma anche per spronare i fedeli, come spesso lui stesso fa, a impegnarsi in “quella forma più alta della carità che è la politica”.
E, invece, ahimè, scopriamo come alcuni di questi sacerdoti siano lontanissimi dalle idee e dai propositi del Santo Padre. Meglio stare chiusi nelle proprie frequentazioni abitudinarie, lontani dal quell’ ”odore delle pecore” e da quel mettersi in gioco anche fuori dalle canoniche che è nell’insegnamento di Papa Francesco.
In tal modo risulta ancor più difficile per noi laici continuare a batterci, per tentare di tradurre nella città dell’uomo gli orientamenti della dottrina sociale della Chiesa, se i sacerdoti responsabili in primis della diffusione di questa dottrina si dimostrano non solo insensibili, ma persino indisponibili anche solo a sentire le ragioni di questa parte del popolo di Dio.
Ora, però, ho deciso che dell’identità dei sacerdoti renitenti al dialogo intendo darne pubblica comunicazione sul nostro blog, considerato il ruolo pubblico dei nostri parroci e sacerdoti, affinché si sappia su chi possiamo contare, non già come supporter di cui, nella nostra visione laica e autonoma della politica, non intendiamo certo disporre, ma per conoscere questi nostri fratelli tiepidi e insensibili al dialogo e al confronto.
Ettore Bonalberti
Venezia, 4 Dicembre 2015
Una rivoluzione fiscale passiva?
E’ comprensibile l’imbarazzo mostrato ieri da Renzi nel commentare i timidi e contraddittori dati ISTAT sull’occupazione e quelli del Ministero dell’economia e finanze sulla crescita; dati che sono contrastanti con quanto sta realmente avvenendo nelle nostre città, dove la chiusura dei negozi continua incessante e la disaffezione della gente é generalizzata e diffusa.
Un caro amico commercialista e diversi altri professionisti mi confidano le loro stesse difficoltà, non solo a incassare quanto a loro dovuto dai clienti, ma la sofferenza patita nel dover assistere società e piccole medie aziende sull’orlo del fallimento e prive di cassa.
Se agli inizi degli anni’80, nelle fascia pedemontana del Nord, la Lega di Bossi poté affermarsi sulla base di una rivoluzione fiscale attiva ( “ basta con Roma ladrona”) per l’intervenuta rottura del patto con la DC e i partiti del centro-sinistra ( “ non vi opprimo con la tassazione in cambio del voto”), oggi corriamo il rischio di una rivoluzione fiscale passiva per impotenza o incapacità reale dei terzo stato produttivo di corrispondere a vessatori impegni fiscali che lo opprimono oltre il 50% delle proprie entrate.
Se il terzo stato produttivo non ce la fa più a produrre ricchezza per mantenere gli altri tre stati (casta, diversamente tutelati e quarto Non stato, nelle loro diversificate sottoclassi) nella migliore delle ipotesi avremo una rivoluzione fiscale passiva per incapacità di far fronte agli obblighi fiscali insostenibili, nella peggiore una rivolta sociale cruenta.
In entrambi i casi assisteremo al crollo della repubblica già pesantemente sgarruppata da scelte istituzionali e politiche folli che hanno ridotto la sovranità popolare a pura giaculatoria liturgica (vedi conclusioni del tavolo di lavoro stati generali della difesa della sovranità popolare- Paolo Maddalena docet)
Viviamo una reale condizione di rottura del sistema e alla vigilia di una possibile rivolta sociale. Ora la protesta si polarizza sul M5S, con un 50 % che si limita a non giocare, ma poi?
Serve una nuova politica economica e un ripensamento organico della costruzione europea giunta a un punto morto inferiore e che, distrutta la sovranità popolare nazionale, non ha saputo garantirla a un livello più elevato e partecipato, quello europeo. Di fatto abbiamo costruito un ircocervo iper-burocratico che ci ha spogliato del potere fondamentale sulla moneta senza offrirci contropartite che non siano i gravi costi sociali conseguenti alle politiche del rigore basate sulle illegittime prescrizioni dei fiscal compact (denunciate dal prof Guarino) e del pareggio di bilancio vigilate a BXL con una Banca centrale priva del potere di emissione della moneta proprio di ogni istituto con quelle competenze e funzioni.
In Italia, poi, servirà una tosatura a zero della spesa pubblica : dalle 20 Regioni e società derivate a 5-6 macroregioni con competenze esclusivamente legislative di programmazione e controllo con totale dismissione di tutte le partecipate et similia; un’analoga tosatura nelle spese dello Stato a livello ministeriale e negli enti derivati.
Se le caste politiche e burocratiche tenteranno ancora una volta di opporsi, insieme ai nodi scorsoi impostoci dalle assurde e illegittime norme europee ( Guarino docet) e dai poteri finanziari internazionali che hanno sovvertito il NOMA ( Non Overlapping Magisteria) stabilendo il primato della finanza sull’ economia e la politica ridotte a ruoli ancillari, stavolta non sarà la ghigliottina, ma una nuova “ assemblea della pallacorda” destinata a compiere una rivoluzione politico istituzionale levatrice della Terza Repubblica o una drammatica uscita di tipo autoritario.
Spero di sbagliarmi, ma nasometricamente non vedo orizzonti diversi.
Ettore Bonalberti
Venezia, 2 Dicembre
Passera Si, ma con juicio
Ho seguito in diretta streaming la presentazione di Corrado Passera della sua candidatura a Sindaco di Milano, con l’idea di rappresentare “ la lista civica di Milano” al di fuori degli schieramenti politici tradizionali. Ambizione comprensibile, vista l’impresentabilità delle forze politiche che hanno sin qui retto il governo della città meneghina, che, tuttavia, richiede alcuni chiarimenti. Guai, infatti, se alla crisi delle culture politiche si ipotizzasse di ridurre il governo della città-Stato, come vorrebbe Passera connotare Milano sulla base dell’art 132 della Costituzione, a una semplice questione di natura amministrativa e di efficienza contabile.
Nella città più importante e simbolica del cambiamento è essenziale concorrere alla ricomposizione delle grandi culture che hanno fatto grande con Milano l’Italia. E sono ancora una volta le culture di ispirazione popolare e del riformismo liberale e socialista, quelle che in questa città hanno avuto alcune delle espressioni politiche più rilevanti della nostra storia.
Apprezziamo la scelta di un programma concreto con cui Passera ha presentato la sua candidatura, nel momento in cui le principali forze di destra e di sinistra sono ferme nel surplace delle candidature ancora irrisolte. Efficace anche la volontà di una campagna elettorale quartiere per quartiere e “porta a porta” tentando di coinvolgere le espressioni più significative delle realtà di base.
Passera comprenderà, tuttavia, che non è sufficiente il pur straordinario sforzo organizzativo e la concretezza delle proposte in materia di sicurezza e posti di lavoro ( le “ sicurezze ai milanesi”, slogan della sua campagna elettorale) senza offrire chiarezza sulla collocazione politica della rete civica che si intende attivare.
Diamo atto, peraltro, che l’avvio della campagna elettorale di Passera basata su un’attenta riflessione sui bisogni concreti dei cittadini milanesi, impone a tutte le altre espressioni politiche e culturali della città di prendere posizione.
Riferendoci a quanto ci ha dichiarato a Orvieto, Pino Vicchielli portando il saluto di Italia Unica, e alla successiva notizia dell’avvenuta collaborazione tra il movimento di Passera e IDEA, il gruppo costituitosi nei giorni scorsi a Roma con Gaetano Quagliariello, riteniamo che proprio a Milano, come nelle altre grandi e piccole città impegnate nella prossima campagna elettorale di primavera, si dovrà concorrere tutti insieme a dare concretezza al progetto di ricomposizione dell’area popolare, liberale, conservatrice e riformista, indicato dal “ Patto di Orvieto”.
Se questo, come ci auguriamo, avverrà, sarà un ulteriore fattore di aggregazione con altri movimenti e gruppi che sono sorti e si stanno consolidando, come quello di Noi x Milano del giovane Nicolò Mardegan, e una spinta anche per le altre componenti che fanno riferimento all’area alternativa al socialismo trasformista renziano a superare lo stallo incomprensibile in cui sono paralizzate e a convergere verso una candidatura che potrà rappresentare una risorsa di estremo valore per Milano e per tutta l’Italia.
Ettore Bonalberti
Venezia, 1 Dicembre 2015
Cari amici,
dal convegno “Uniti si Vince”, organizzato il 28 e 29 Novembre dalle associazioni Popolari LIberali di Carlo Giovanardi, IDEA di Gaetano Quagliariello, Popolari per l’Italia di Mario Mauro, ALEF di Ettore Bonalberti, è scaturito il “ PATTO DI ORVIETO”
Obiettivo del patto è quello di dar vita al Coordinamento dei movimenti Popolari, liberali, conservatori e riformisti di tutti i partiti, associazioni, gruppi e persone che sono interessati a sviluppare nel Paese la nascita di un soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo al socialismo trasformista renziano, ai populismi estremi e alla sinistra post comunista.
Entro la primavera prossima si darà vita a un Nuovo Grande Soggetto Politico che si ponga come obiettivo di offrire un proprio contributo al riscatto della comunità italiana e internazionale: di favorire l’emergere di una nuova classe dirigente che, a partire dalle prossime elezioni amministrative, sappia raccogliere il testimone delle migliori tradizioni politico culturali della storia della Repubblica Italiana. Ora tutti alla stanga per sottoscrivere il Patto di Orvieto e impegnarsi a costituire in tutte le realtà locali il coordinamento di tutte le componenti che ne condividono gli obiettivi politici e ideali.
Un caro saluto.
Ettore Bonalberti
PATTO DI ORVIETO
I partecipanti al Convegno “ UNITI SI VINCE” tenutosi a Orvieto Sabato 28 e Domenica 29 Novembre, consapevoli della grave situazione esistente a livello internazionale e italiano, tanto sul fronte della pace e della sicurezza mondiale che su quello politico, economico e sociale europeo e dell’Italia;
considerata
la condizione di democrazia sospesa del Paese in cui è messa in disparte la sovranità popolare posta a fondamento della Costituzione repubblicana; del trasformismo politico introdotto a livello politico e parlamentare da una maggioranza di “nominati” eletti in base a una legge elettorale dichiarata incostituzionale e che intende disinvoltamente procedere allo stravolgimento della Carta costituzionale senza il mandato degli elettori;
preso atto
della crisi dei partiti ridotti a espressioni di leadership personali senza alcun riferimento ideale, etico e culturale e della disaffezione degli elettori stanchi e sfiduciati di una classe politica incapace di corrispondere al bene comune degli Italiani
considerata
la necessità di superare la grave frantumazione intervenuta a livello politico con la scomparsa delle culture di ispirazione popolare, liberale e riformista che hanno fatto grande la storia della repubblica italiana e di procedere urgentemente alla ricomposizione di queste aree politico culturali;
formulando
l’apprezzamento per le scelte intervenute con la formazione dei movimenti e dei fermenti positivi che tanto sul versante dell’area cattolica che su quello laico liberale e rifomista stanno emergendo in Italia
esprimendo
la necessità e l’impegno di dare risposte positive e una nuova speranza non solo agli elettori che continuano a partecipare al voto, ma, soprattutto, a coloro che da tempo hanno deciso di disertare le urne sfiduciati dai comportamenti di una classe dirigente non più credibile e da una politica che non corrisponde più agli interessi e ai valori dei ceti medi produttivi e delle classi che più stanno subendo le conseguenze di un finanz capitalismo il quale, rovesciando il principio della non sovrapponibilità tra etica, politica ed economia, ha attribuito alla finanza il compito di assegnare i fini e all’economia e alla politico il ruolo subordinato e ancillare, sino a ridurre la democrazia a mero simulacro formale
DECIDONO
a) di dar vita al Coordinamento dei movimenti Popolari, liberali, conservatori e riformisti di tutti i partiti, associazioni, gruppi e persone che sono interessati a sviluppare nel Paese la nascita di un soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo al socialismo trasformista renziano, ai populismi estremi e alla sinistra post comunista; un coordinamento paritetico, inclusivo e aperto a tutte le forze che condividendo gli stessi valori intendono parteciparvi; coordinamento da organizzare ed estendere in tutte le realtà territoriali del Paese e nelle sedi istituzionali locali e parlamentari;
b) di condividere e sostenere gli stessi orientamenti e obiettivi in politica estera, immigrazione, integrazione sociale e sicurezza, fisco ed economia, giustizia e Stato e sulle questioni etiche che attengono al primato della persona e della famiglia,
c) di sostenere e cooperare ad ogni iniziativa che vada verso il recupero e la valorizzazione della nostra cultura politica e dei nostri valori di riferimento;
d) di favorire la nascita sull'intero territorio nazionale di Gruppi Civici Territoriali del Coordinamento che, aperti alla partecipazione e al coinvolgimento e ricorrendo anche ai moderni sistemi di comunicazione, facciano rifiorire le specificita' dei loro territori in un contesto di armonia e di sintesi con le grandi scelte del Paese;
e) di promuovere ad ogni livello (comunale e regionale), in occasione delle prossime elezioni amministrative, LISTE CIVICHE TERRITORIALI, aperte e caratterizzate da programmi concreti ed innovativi;
f) di sollecitare, un Forum Nazionale di partiti, associazioni, movimenti e semplici cittadini da tenersi entro la primavera del 2016, che dia vita ad un Nuovo Grande Soggetto Politico che si ponga come obiettivo di offrire un proprio contributo al riscatto della comunità italiana e internazionale: di favorire l’emergere di una nuova classe dirigente che, a partire dalle prossime elezioni amministrative, sappia raccogliere il testimone delle migliori tradizioni politico culturali della storia repubblicana italiana
ORVIETO, Palazzo del Popolo, 29 Novembre 2015
Letto, approvato, sottoscritto:
Ettore Bonalberti –Associazione ALEF (Associazione Liberi e Forti)
Carlo Giovanardi-Associazione Popolari Liberali
Mario Mauro-Associazione Popolari per l’Italia
Gaetano Quagliariello-Associazione IDEA
Sulla Leadership
Leadership popolare, leadership potente e Leadership carismatica: sono stati i temi che molti di noi hanno dovuto affrontare negli studi di sociologia politica all’Università di Trento negli anni’60, approfondendo le teorie di Max Weber. Da tempo l’amico Prof Antonino Giannone, docente di Etica professionale e Relazioni Industriali-Strategia aziendali, affronta questi temi nei corsi di specializzazione e master universitari.
Il 30 Novembre prossimo a Milano li esporrà in un dibattito pubblico sul tema: “ Leadership ed Etica” (vedi file allegato)
Ecco l’intervista che il prof Giannone , V.Presidente di ALEF, ci ha rilasciato:
Quale Leadership ed Etica per lo sviluppo personale e professionale dell’Ingegnere, del Manager che ha l'obiettivo di diventare un leader?
Ci dobbiamo chiedere prima se l’Ingegnere, il Manager, l'imprenditore, per ambire a posizioni di Leader, debba prescindere o meno da comportamenti etici e per quale tipo di Leadership si sta realizzando?
Per una risposta, certamente non esauriente, in una breve intervista, ci possono aiutare prima dei riferimenti a un Top Manager, un grande Leader che ha raggiunto risultati eccezionali ed é stato da tutti considerato una "bella persona": Steve Jobs, inventore e CEO di Apple
Perché ha scelto di indicare Steve Jobs?
Perché e' stato un Leader a livello globale ed è considerato il più grande innovatore dell'era digitale, che ha dato un grande impulso a una multinazionale di grande successo e perché a 4 anni dalla sua morte a Palo Alto in California (5 ottobre 2011) i giovani e, in particolare, gli Studenti del Politecnico ne parlano come se fosse ancora tra loro.
In che senso, scusi?
Perché le sue "tracce sono molto visibili non solo nell'azienda, per i suoi successori nel Top Management (Tim Cook), ma per i milioni di clienti sparsi in tutto il mondo, in particolare i giovani, che utilizzano i prodotti che lui ha progettato, ha creato, ha lanciato sul mercato con grande successo di risultati e di consenso.
Steve Jobs ha reso il nostro mondo migliore.
I bambini imparano in nuovi modi grazie ai prodotti che lui ha sognato.
Le persone più creative presenti sulla Terra li usano con diverse applicazioni per comporre sinfonie, canzoni pop, per scrivere di tutto da romanzi a poesie a messaggi di testo; per non dire di veri artisti che creano i loro capolavori con i sistemi di Apple.
Come si può riconoscere che Steve Jobs e' stato un Leader?
Steve Jobs ci ha confermato, innanzi tutto, quanto ci spiega la Teoria della Leadership: Leader si diventa perché sono sempre gli altri a deciderlo; inoltre ci ha insegnato che un Innovatore, Imprenditore, Manager e Leader devono avere non solo una "Vision", un grande sogno/progetto a lungo termine, ma dei "Valori" sui quali si poggia. Inoltre devono possedere un'Etica e un comportamento professionale che sono una diretta conseguenza di aspetti morali di distinzione di ciò che è giusto e sbagliato che le persone all'interno e all'esterno dell'azienda si aspettano da un manager, da un leader che ha la responsabilità delle decisioni strategiche che possono determinare il destino di una vita migliore per migliaia di persone.
Ma quali sono le qualità che vengono attribuite a un Leader, che sappia essere se stesso?
Oggi si tende a considerare indispensabili qualità per un Leader, l'essere dotato di numerosi talenti: creatività, capacità di comando, integrità, determinazione, coraggio, alta competenza nel sapere, abilità nel saper fare, comportamenti relazionali nel saper essere e soprattutto nel saper far fare cioè nel fare raggiungere gli obiettivi aziendali al team, alla dirigenza e ai dipendenti tutti.
Ci sono altri skills che un Top Manager, un Leader deve avere?
Sono sempre indispensabili le abilità di prendere decisioni e la capacità di leadership, unitamente all'abilita di sapere comunicare. In sintesi:
- Essere forti ed equilibrati in ogni situazione
- Evitare sia la passività che l’aggressività
- Non temere il giudizio degli altri, ma semmai, saperlo utilizzare
- Non cadere nei tentativi di manipolazione psicologica degli altri
- Non dipendere dai ricatti esterni e dai sensi di colpa interni
- Non sentirsi mai impotenti o isolati.
Molte di queste capacità e abilità sono innate nei cosiddetti Talenti, altre abilità sono potenziali e possono essere insegnate e fatte emergere con mirati metodi di Formazione manageriale.
Queste sono state le considerazioni del Professor Antonino Giannone, che da ex Alunno del Collegio Einaudi di Torino che accoglie gli Studenti meritevoli, tornerà il 30 Novembre nello stesso luogo che lo accolse ca. 50 anni fa. L'entusiasmo di allora e i brillanti risultati realizzati spingono l'Amico Tonino a trasmettere ai giovani dell'era digitale l'importanza immutabile dei valori etici per conseguire anche loro risultati molto positivi per i sistemi organizzativi dove saranno chiamati ad operare, per auto realizzarsi e per contribuire al miglioramento del bene comune
Intervista di Ettore Bonalberti
Venezia, 26 Novembre 2015
La ricomposizione dei Popolari
Era partita nel luogo simbolico della casa del beato Antonio Rosmini a Rovereto, il 18 Luglio scorso, la stagione della ricomposizione, con il primo incontro dei popolari e laici liberali interessati a costruire la seconda gamba democratica del sistema politico italiano all’insegna dei valori del popolarismo sturziano e degasperiano.
Si è riconfermata sabato 21 novembre a Torino, sotto il segno dello scudo crociato del CDU piemontese, con l’appello ai Popolari di quella regione e nello spirito di Rovereto, lanciato da Mauro Carmagnola che, in un editoriale, denunciava il fatto che “ i cattolici non partecipano più al campionato perché non hanno più una squadra”.
Con la partecipazione di un centinaio di persone nella città in cui si svolse nel 1923 il drammatico Congresso nazionale del PPI, quello in cui don Luigi Sturzo sostenne l’impossibilità per il Partito Popolare di “ avallare una cambiale in bianco “ al fascismo schierandosi, senza se e senza ma, contro la Legge Acerbo, dall’accettazione della quale da parte della componente sinistra del partito, astenutasi sull’ordine del giorno Sturzo e contraria su quello di De Gasperi, si consumò di lì a breve la frantumazione del Partito Popolare Italiano.
Nessuna aria di nostalgia ieri a Torino, ma la consapevolezza della drammatica situazione istituzionale del Paese, retto da organi illegittimi che sono la rappresentazione emblematica dell’intervenuta sospensione della democrazia, insieme alla volontà di concorrere, a partire dagli ultimi esponenti dello scudo crociato, alla ricomposizione dell’area popolare e laico liberale e riformista italiana.
Su questi temi sono intervenuti il sen Maurizio Eufemi, che ha annunciato la partecipazione al comitato del NO alla sciagurata riforma del combinato disposto riforma del Senato e legge elettorale dell’Italicum; del sen Ivo Tarolli, promotore dell’incontro di Rovereto di cui ne ha sintetizzato lo spirito e la road mappa della costruzione del Nuovo Soggetto Politico e di molti giovani entusiasti di concorrere al progetto, sulla scia del documento appello partito a Luglio dalla città rosminiana.
Il Presidente del Movimento Federativo Europeo del Piemonte, Emilio Cornagliotti, ha ricordato il ruolo strategico svolto dai padri fondatori democratico cristiani dell’Europa e la possibilità di ampie convergenze sul progetto di rilancio della prospettiva degli Stati Uniti d’Europa.
A Torino, la città che, dopo una gestione della sinistra al potere senza soluzione di continuità, si ritrova spogliata di quasi tutte le eccellenze che ne avevano fatto una delle città più importanti del Paese e con un debito accumulato sino alla soglia enorme di quasi 5 miliardi di €, ferve il dibattito per il rinnovo del Sindaco e del consiglio comunale.
Un appuntamento nel quale la formazione di una lista civico popolare sarebbe quanto mai attesa e di cui l’On Roberto Rosso, intervenuto con grande passione all’incontro, potrebbe esserne l’autorevole portabandiera con il concorso di quanti sono interessati a offrire alla città della Mole una diversa guida politica e amministrativa.
Le conclusioni cui si è pervenuti ieri a Torino sono così riassumibili:
1.riconferma dell’ attualità e modernita' del pensiero liberaldemocratico e della cultura dell'economia sociale mercato, alle cui fonti continuano ad alimentarsi i grandi partiti che guidano importanti Paesi come la Germania e la Spagna;
2. unanime impegno verso la riaggregazione dell'area del popolarismo e verso il superamento della frammentazione partitica e della conseguente irrilevanza politica;
Condividendo lo spirito e i contenuti dell'Appello adottato il 18 luglio c/o la casa natale del b. A. Rosmini, pertanto si è deciso:
1.di sostenere e cooperare a ogni iniziativa che vada verso il recupero e la valorizzazione della nostra cultura politica e dei nostri valori di riferimento.
2.di favorire la nascita sull'intero territorio regionale di Gruppi Civici Territoriali che, aperti alla partecipazione e al coinvolgimento e ricorrendo anche ai moderni sistemi di comunicazione, facciano rifiorire le specificità dei loro territori in un contesto di armonia e di sintesi con le grandi scelte del Paese;
3.di promuovere a ogni livello (com.prov.reg.), in occasione delle prossime elezioni amministrative, LISTE CIVICHE TERRITORIALI, aperte e caratterizzate da programmi concreti ed innovativi;
4.di sollecitare, sulla scorta dell'Appello di Rovereto, un Forum Nazionale di partiti, associazioni, movimenti e semplici cittadini che dia vita ad un Nuovo Grande Soggetto Politico che si ponga come obiettivo quello di offrire un proprio contributo al riscatto della comunità italiana e internazionale.
Sono gli stessi obiettivi che proporremo Sabato 28 e Domenica 29 al convegno di Orvieto organizzato da ALEF, Popolari liberali e Popolari per l’Italia con molti esponenti di diverse formazioni politiche; a Roma, il 12 Dicembre, con la Conferenza nazionale del CDU, nella quale, come ha ricordato ieri a Torino, Mario Tassone, si conclude la lunga fase iniziata dal nuovo CDU nel 2013 per concorrere alla costruzione del nuovo soggetto politico; il 13 Dicembre a Roma con il Congresso nazionale dei Popolari per l’Italia; il 15 Gennaio a Perugia con l’incontro di tutte le associazioni di area cattolica e a Ferrara, il 16 Gennaio, con tutti gli amici del Centro-Nord.
Ettore Bonalberti
domenica, 22 Novembre 2015
Fermenti nell’area cattolica popolare
Sono avviati i grandi lavori nell’area cattolico-liberale e di ispirazione popolare.
Sabato 21 Novembre sono convocati a Roma, gli Stati Generali di sovranità popolare, ai quali hanno aderito numerosi gruppi e associazioni con l’obiettivo di avviare iniziative concrete in difesa della Costituzione. Parteciperà il prof Paolo Maddalena, Vice Presidente emerito della Corte Costituzionale.
E’ da segnalare l’importante iniziativa assunta dal prof Alessandro Pace, Presidente del Comitato per il NO il quale, nella giornata di ieri, ha diffuso un appello ai presidenti della Camera e del Senato e ai deputati e ai senatori della Repubblica per la sospensione della discussione sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi.
Si legge, infatti, che:“In un tornante della storia, quale si va profilando in conseguenza della mattanza occorsa il 13 novembre a Parigi per opera di seguaci del Daesh, il Direttivo del Comitato per il No al referendum costituzionale sulla riforma Renzi-Boschi, chiede al Presidente della Camera dei deputati e ai Presidenti dei gruppi parlamentari di rinviare a data da destinarsi la discussione, già fissata per il prossimo 20 novembre, davanti alla Camera dei deputati, per l’approvazione, in prima deliberazione, del d.d.l. cost. n. 2613-B.
Il Comitato ritiene infatti inopportuno che in un momento così grave che richiede l’unità di tutte le forze politiche e sociali – come ai tempi del terrorismo, se non peggio -, le Camere possano procedere tranquillamente nel loro lavoro di revisione della gran parte degli articoli della Costituzione come se nulla fosse accaduto. Mentre è proprio nei momenti di crisi, che la Costituzione, nei suoi principi e valori, dovrebbe costituire il simbolo, per eccellenza, dell’unità del popolo italiano.”
Particolarmente grave, appare poi, la prospettiva che si aprirebbe qualora passasse la riforma del governo. Il documento del prof Pace evidenzia, infatti che: “La gravità dell’attuale situazione che potrebbe addirittura sfociare, come da più parti si sostiene, in uno stato di guerra o in una situazione analoga, induce il Comitato per il No a sottolineare che se la riforma Renzi-Boschi venisse approvata nel testo di cui al d.d.l. cost. n. 2613-B, non sarebbero più le Camere a deliberare lo stato di guerra, come previsto dal vigente articolo 79 della Costituzione, ma la sola Camera dei deputati. E ciò, come se il Senato, ancorché rappresentativo delle autonomie locali, quale previsto dalla riforma Renzi-Boschi, non fosse anch’esso un organo dello Stato-comunità e quindi della Repubblica italiana.”
Nella stessa giornata di Sabato 21 Novembre a Torino il CDU, su iniziativa del dr Mauro Carmagnola, ha indetto un convegno con gli elettori e simpatizzanti di quella Regione, con il quale si intende contribuire all’avvio della Federazione di tutti i Popolari e Liberali interessati a dar vita a un nuovo soggetto politico. Trattasi di un vero e proprio “ Appello ai Popolari torinesi” secondo lo spirito e le conclusioni raggiunte all’incontro di Rovereto dei popolari italiani del 18 Luglio scorso.
L’assemblea di Torino precede quella nazionale del CDU aperta a tutte le altre componenti di ispirazione popolare e liberale che si terrà a Roma il 12 dicembre.
Sabato 28 e Domenica 29 Novembre, con un cambio di sede da Roma a Orvieto, si terrà il convegno dei Popolari e Liberali promosso da ALEF (Associazione dei Liberi e Forti), Popolari liberali di Giovanardi e Popolari per l’Italia di Mario Mauro, con altri esponenti dell’area alternativa al renzismo, interessati alla costruzione della seconda gamba del sistema democratico italiano, sul tema: “UNITI SI VINCE”.
Il 13 Dicembre è previsto il Congresso dei Popolari per l’Italia sempre orientato a concorrere alla costruzione del nuovo soggetto politico.
Altra iniziativa annunciate dall’On Santolini ad Assisi, sempre a Dicembre sul tema: “ La Misericordia giubilare e l’impegno politico” e incontri programmati per le aree meridionali e del Nord Est, completeranno il percorso che, attraverso la formazione in sede locale di comunità civico popolari, sfocerà nel Forum nazionale dei Popolari e Liberali italiani con il quale sin intende costruire, agli inizi del 2016, la seconda gamba del sistema politico.
Un nuovo soggetto politico di ispirazione popolare, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi, ai partiti personalistici e leaderistici per ritrovare il valore della collegialità e dell’autentica partecipazione democratica, con un ricambio sostanziale della classe dirigente in grado di intercettare le attese di coloro che da tempo hanno scelto la strada del disimpegno e dell’astensionismo.
Ettore Bonalberti
Venezia, 17 Novembre 2015
Svegliamoci senza tanto buonismo
Alfano e Renzi dopo oltre 12 ore fanno riunione e sembrano dormire. Assurdo ritardo! Riunione di rito e propaganda! Assumiamo iniziative vere.
Ce la sentiamo di dire di chiudere le moschee irregolari e di espellere quelli che indottrinano contro i cristiani?
Ce la sentiamo di dire che gli islamici hanno invaso il territorio italiano ed europeo e se ne stanno impadronendo rapidamente, imponendo le loro regole, certamente disattendo le nostre?
Queste cose non dobbiamo sentircele dire da Salvini per poi dire che il pericolo è' Salvini in Italia e Le Pen in Francia.
Dobbiamo essere un po più critici verso noi stessi, perché il pericolo non è Salvini, ma la nostra afasia a difendere le nostre radici e identità di cristiani, a preferire di assecondare il buonismo e il politically correct. Basterebbe leggere quanto hanno scritto Mons. Crepaldi e l'Osservatorio Van Thuan della Dottrina sociale della Chiesa.
Si abbia il coraggio, virtù etica, di affrontare il confronto. Adesso ci si può ancora riappropriare del futuro per noi, per i nostri figli e le future generazioni. Altrimenti come cristiani saremo cacciati nelle catacombe digitali!!
Antonino Giannone
Vice Presidente ALEF (Associazione Liberi e Forti)
LA STRAGE DI PARIGI
Sulla strage compiuta dai terroristi islamici a Parigi, da kamikaze fondamentalisti dell'ISIS, invio una sintetica previsione che già faceva molti anni fa Oriana Fallaci.
Fu derisa dalla Sinistra.
Il Comune di Firenze non Le conferì mai il Giglio d'oro.
Fu Zeffirelli che al funerale si tolse il suo Giglio D'oro e lo dono' sulla bara di Oriana Fallaci.
Sono state numerose e drammatiche le anticipazioni su quanto sta accadendo in questi anni: l'accettazione senza filtri e regole dell'invasione di islamici in Italia che vorrebbero tra poco vivere con le loro regole e non con le nostre.
Riflettiamo e reagiamo, rivendicando la nostra identità giudaico Cristiana e respingendo con forza le politiche di buonismo e relativismo che la sinistra che sia di Pisapia o Renzi continua a diffondere.
Antonino Giannone
Vice Presidente ALEF (Associazione Liberi e Forti)
Socio fondatore di NoixMilano
Alla crisi di sistema serve una risposta di cultura popolare e liberale
Stato di diritto ridotto al lumicino, assetto istituzionale caratterizzato dalle profonde anomalie conseguenti al “golpe blanco” del Novembre 2011 e al sostanziale misconoscimento della sentenza della Corte costituzionale sul “porcellum”, sono le condizioni sovrastrutturali di una società italiana in crisi profonda morale, culturale, economica, sociale, con tassi di disoccupazione generale e, soprattutto, giovanile e femminile, ai limiti della tenuta del sistema.
E’ grande la confusione nel partito del presidente del consiglio e segretario del PD, non solo per la scissione intervenuta sulla sua sinistra destinata a diventare una ferita difficilmente ricomponibile, nonostante la caparbia difesa della “ditta” da parte della minoranza bersaniana, ma per lo sconquasso politico amministrativo, culturale e morale presente nelle principali realtà locali governate da quel partito.
Sul fronte alternativo della destra, dopo la manifestazione di Bologna, è avviata una ricomposizione a guida leghista che, così com’è sin qui combinata, appare di difficile attrattiva per quel 50% di elettorato che ha deciso l’astensione. Senza una modifica alla legge super truffa dell’Italicum, “ il giovin signore fiorentino” corre il rischio di doversi confrontare in un ballottaggio assai pericoloso con il M5S di Grillo.
Ciò che più rattrista in tale situazione e nel deserto delle culture politiche di quasi tutti i partiti, è l’assenza di una proposta politica forte di ispirazione popolare e liberale che, con quella riformista, ha rappresentato storicamente una delle condizioni essenziali dello sviluppo democratico dell’Italia.
Hanno dato una ben cattiva rappresentazione di sé i residuati bellici ex democristiani, frantumati tra le piccole guerre fratricide di inesistenti e squalificati capetti sempre alla ricerca di accomodanti posizioni di potere e dediti a politiche di corto respiro, in uno spazio politico in cui ai valori si sono sostituiti non già gli interessi generali, ma quelli “particulari” familistici e dei cerchi magici laudatori dei signorotti feudali di turno. Un manipolo di sbandati erranti a destra e a sinistra alla ricerca della sopravvivenza.
Più vasto e interessante è ciò che accade nella multiforme realtà associativa, culturale e politica presente copiosa nelle diverse realtà territoriali regionali e locali, dalle quali esce una voce forte all’unisono: “ vino nuovo in otri nuovi”.
La ricerca, per molti aspetti affannosa e non priva di elementi contraddittori, è quella di individuare un nuovo contenitore, un soggetto politico capace di raccogliere e di saper rispondere alle istanze della realtà, interpretandole alla luce del pensiero cristiano sociale e guidato da una dirigenza politica totalmente rinnovata rispetto a quella residuale rimasta sul campo “sanza nfamia e sanza lode” e, in taluni casi, con rimarchevoli colpe e pesanti responsabilità.
La difficoltà sta nel tentare di raccordare senza traumi ciò che rimane espressione residua della cultura popolare, democratico cristiana e liberale a livello istituzionale, con i fermenti nuovi e ancora allo statu nascenti presenti all’esterno delle attuali residue e frammentate rappresentanze.
Servirà una grande dose di umiltà e di generosità, sia da parte di coloro che sono stati assai tristi protagonisti nella lunga stagione della diaspora democristiana, sia da parte delle nuove leve, nella convinzione reciproca che serve una forte solidarietà intergenerazionale per la ricomposizione dell’area popolare, liberale e riformista italiana.
E’ questo l’obiettivo che ci proponiamo con il convegno del 28 e 29 novembre prossimi a Roma, con il quale intendiamo ricomporre le rappresentanze politico culturali presenti dentro e fuori delle istituzioni, dando vita a una Federazione di Centro nella quale, diversamente dalle logiche prevalenti negli attuali partiti di tipo leaderistico, assumere come metodo di conduzione quello della collegialità.
Dall’esempio che verrà da Roma si potrà cercare di raccordare in tutte le realtà locali le diverse esperienze istituzionali e non in comunità di partecipazione democratica, rette da organismi collegiali rappresentativi in termini di pari dignità.
Solo dopo si porrà il tema delle alleanze, tenendo conto, tuttavia, sin d’ora, che il compito che spetta ai popolari e ai laici cristianamente ispirati, rimane quello di dar vita alla seconda gamba del sistema, per far uscire l’Italia dalla crisi di democrazia e di rappresentanza che ha reso insopportabile alla maggioranza dei cittadini l’attuale assetto politico istituzionale del Paese.
Primo impegno dopo il convegno di fine novembre: il forum nazionale dei popolari e laici liberali e riformisti da tenersi entro i primi mesi del 2016, con il quale dar vita al nuovo soggetto politico da dotare di un condiviso programma e, contemporaneamente, la presentazione di liste unitarie dei popolari e dei laici liberali e riformisti alle prossime elezioni amministrative con una rinnovata classe dirigente.
Ettore Bonalberti
Venezia, 13 Novembre 2015
A sinistra si leva uno squillo e la destra risponde con l’urlo.
Sabato è nata Sinistra Italiana dalla confluenza dei fuoriusciti del PD in SEL per organizzare l’alternativa di sinistra “arancione” al PD di Renzi. Domenica in Piazza Maggiore a Bologna, transennata per contenere la spinta irrazionale dei gruppi antagonisti, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, hanno riunito la base per rilanciare un centro-destra “diverso” da quello del 1994.
Se a sinistra si tenta di ricomporre un’area culturalmente omogenea ai valori storici di ispirazione socialista e alternativa al trasformismo inquietante introdotto dal “ giovin signore fiorentino”, più complessa risulta la situazione sulla destra, dove, a parte gli accenti fuori misura usati sia dal Cavaliere che da Salvini, appare quanto mai arduo mettere insieme storie e culture di riferimento molto diverse, mentre dalla piazza si impone una leadership , quella di Salvini che appare ancora acerba per una reale capacità di egemonia politica.
Confesso che per noi Popolari ciò che sta accadendo in Italia non ci piace per niente.
Il deficit dello stato di diritto e la crisi di democrazia derivato dal “golpe blanco” del Novembre 2011 e tuttora persistente, con una minoranza del 15 % dell’elettorato che accentra in sé tutto il potere e si presta a far passare attraverso un Parlamento di “illegittimi” la riforma della Costituzione, sono la sovrastruttura di un sistema che soffoca la condizione di anomia persistente a livello sociale, economico e produttivo reale del Paese.
Non sappiamo se la nascita a sinistra della nuova formazione “arancione”, il colore scelto da Sinistra Unita per la nuova avventura, favorirà quel “Partito della Nazione” del premier da più parti evocato e da noi fortemente contrastato per il suo carattere di trasformistica commistione di posizioni orientate all’esclusiva gestione del potere.
Anche ciò che è accaduto ieri a Bologna ci appare più espressione di una deriva lepenista che la rappresentazione di un’alternativa reale e democratica al sistema di potere equivoco gestito da “ Il Bomba” fiorentino.
Continuiamo a perseguire l’idea che in Italia sia opportuno ripartire dalla ricostruzione delle culture politiche che ne hanno caratterizzata la storia e che fanno riferimento alle grandi famiglie politiche europee. Ci sentiamo di far parte della grande famiglia del PPE, con tutti i suoi limiti e contraddizioni, e intendiamo batterci per riportare il PPE ai valori ispiratori dei padri fondatori: Adenauer, De Gasperi e Schuman.
Crediamo sia opportuno costruire la seconda gamba del sistema politico in grado di intercettare i bisogni dei diversamente tutelati e del terzo stato produttivo e di organizzare un nuovo soggetto politico che da tempo connotiamo come: laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al trasformismo socialista renziano e ai populismi estremi. E’ lo stesso obiettivo che abbiamo condiviso con gli amici dell’appello di Rovereto, da Ivo Tarolli, Mario Tassone, Gianni Fontana, Lelio Alfonso e tanti altri.
Certo faremo i conti con la legge elettorale super truffa che un parlamento farlocco ha inteso adottare e che, con ogni probabilità, visti i sondaggi perigliosi si appresta a modificare per non dar spazio alle aspirazioni del M5S; innanzi tutto, però, intendiamo concorrere alla ricomposizione su basi culturali omogenee dell’area popolare e laica cristianamente ispirata.
Sono questi gli obiettivi che insieme agli amici Carlo Giovanardi (Popolari liberali) , Mario Mauro (Popolari per l’Italia), Gaetano Quagliariello e molti altri ci siamo proposti e che intendiamo sviluppare con tutte le realtà territoriali interessate all’incontro che si terrà a Roma il 28 e 29 Novembre prossimo alla sala convegni del Green Park Hotel Pamphili, sul tema: UNITI SI VINCE.
Ettore Bonalberti
Venezia, Lunedì 9 Novembre 2015
Corsi e ricorsi del trasformismo italico
Con la riforma elettorale del 1882 di Agostino De Pretis gli aventi diritto al voto passarono dal 2 al 7% della popolazione. Situazione che durò, praticamente, sino alla legge approvata dal quarto governo Giolitti nel 1912, quella che, sostituendo la legge del 1982, modificata nel 1891, allargò il suffragio a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 30 anni o che, pur minori di 30 anni, avessero un reddito di almeno 19,20 lire, o la licenza elementare, oppure avessero prestato il servizio militare.
In tal modo il corpo elettorale passò dal 7% al 23,2% della popolazione. Fu mantenuto il sistema maggioritario in vigore dal 1891. La legge fu impiegata per una sola legislatura: nel 1919, infatti, essa fu sostituita da una nuova legge che decretò un'ulteriore estensione del diritto di voto e il ripristino del sistema proporzionale.
E’ in tale contesto istituzionale, caratterizzato da una netta separazione tra l’Italia reale e l’Italia ufficiale rappresentata nel Parlamento nazionale, che si diffuse con la sinistra storica al potere il fenomeno del trasformismo. Il popolo non aveva voce né diritti, e la rappresentanza politica era collegata al censo, dominata dai proprietari terrieri e dagli industriali rampanti.
Un fenomeno, quello del trasformismo, che permise a De Pretis prima e a Giolitti poi, seppur da versanti contrapposti, di mantenere saldo il potere a livello del governo, sino all’avvento della proporzionale con la riforma del 1919: una riforma grazie alla quale, finalmente, i grandi partiti –programma nel frattempo organizzatisi, dal PSI al PPI, seppero travolgere il sistema del vecchio Stato liberale, seppur per una brevissima parentesi, prima dell’avvento del fascismo. Il trasformismo permise la convergenza verso il centro delle varie rappresentanze borghesi nella forma dell'assorbimento di parti della Destra nella Sinistra. Tale fenomeno accentuò l'orientamento moderato della Sinistra, oltre ad alimentare il clientelismo e l'affarismo.
Diversa e per certi aspetti ancor più sconcertante la situazione odierna che, a più riprese, ho tentato di descrivere nelle sue connessioni tra realtà sociale e realtà istituzionale, sulla base della teoria euristica dei quattro Stati: la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo e il quarto non Stato. Quattro stati che, nei confronti della partecipazione attiva nell’esercizio della sovranità popolare stanno assumendo comportamenti molto diversi, correlati alle differenti condizioni sociali ed esistenziali vissute da ciascun ceto.
Assistiamo oggi alla situazione schizofrenica di un Paese la cui Costituzione attribuisce al popolo la sovranità (art.1), che, di fatto, non viene più da questi esercitata, dato che quasi il 50% degli elettori da tempo diserta le urne, lasciando ai componenti e rappresentanti della casta ( dai 500 mila al milione di soggetti) e a quelli dei più benestanti tra i diversamente tutelati, il compito di definire nelle aule parlamentari il diverso equilibrio di potere nel governo del Paese.
Il tutto viziato non solo dai condizionamenti che l’ircocervo dell’Unione Europea impone, dal livello economico e finanziario a quello istituzionale, anche attraverso regolamenti nulli e illegittimi come quello sul fiscal compact (denuncia rigorosa svolta con estrema lucidità dal Prof Giuseppe Guarino, profeta disarmato), ma anche da un’assemblea di eletti, che continuo a definire “farlocca”, dato che è costituita da “nominati” eletti con una legge elettorale, “ il porcellum”, dichiarata incostituzionale dalla suprema Corte
Ora il popolo detiene formalmente la “sovranità”, ma, di fatto, ha deciso di non esercitarla, lasciando che gli equilibri di potere si esprimano attraverso “ i nominati” eletti illegittimamente nel Parlamento dei “transumanti”.
E’ in questo quadro di sostanziale scollamento tra Paese reale e Paese legale ( o illegale, poiché illegittimo?!) che nel Parlamento si assiste a un indegno trasferimento politico di parlamentari svincolati da ogni impegno morale, prima ancora che politico –istituzionale. Un trasferimento grazie anche al quale “ il giovin signore fiorentino”, catapultato alla guida del governo, può permettersi di fare il buono e il cattivo tempo. Anche quello di tentare di riformare l’assetto costituzionale come quello del Senato col combinato disposto della legge super truffa dell’Italicum.
Se nel passaggio dal governo Letta al governo Renzi ci sono stati 185 parlamentari che hanno cambiato casacca, dalle politiche del 2013 a oggi sono ben 235 i parlamentari, tra Camera e Senato, che si sono trasferiti da un gruppo parlamentare a un altro. Ed è in tale situazione che, in assenza di partiti espressione di autentiche e consolidate culture politiche, ma sommatorie di “particulari” egoistici e indistinti, il dibattito rischia di ridursi al dilemma: con o contro Renzi?
Occupato, attraverso l’uso di un regolamento delle primarie degno di un trattato di psichiatria politica, il controllo del suo partito, il PD, Matteo Renzi ne ha totalmente rovesciato i fondamentali dando avvio a un trasformismo politico partitico senza cultura di riferimento, semplice corrispondenza ai desiderata dei più influenti danti causa interni e internazionali, oggetto di attrazione per i transumanti guidati da capi e capetti in cerca di salire italicamente “sul carro del vincitore”.
Scelta la collocazione europea nel PSE che lo porta inevitabilmente in un luogo politico alternativo a quello proprio della cultura europea del PPE, Renzi offre la più sfrontata applicazione della teoria dei due forni: ricerca dell’alleanza con i residui popolari e DC per le riforme economico finanziarie; spregiudicata unità con le estreme della sinistra di SEL e del M5S per quanto attiene ai diritti civili, alle unioni omosessuali, e all’azione disgregatrice dei “valori non negoziabili” per i cattolici. D’altronde, per molti di questi ultimi che sostengono il governo, la fedeltà all’occupazione delle sedie sembra assai più forte di quella della coerenza con i propri valori e dei loro ormai ridottissimi elettori.
Si parla di “partito della Nazione” che richiama, con la legge super truffa dell’Italicum, lo sciagurato Listone nazionale con il quale, grazie alla Legge Acerbo e ai Cavazzoni di turno, Mussolini poté garantirsi il controllo assoluto del Parlamento nelle elezioni dell’Aprile 1924. E’ un tema che interessa quasi tutte le forze politiche dentro e fuori del Parlamento e che, in maniera tanto più grave, finisce col dividere anche le residue diverse espressioni della cultura popolare e di ispirazione democratico cristiana.Da parte nostra non ci facciamo incantare dalle sirene renziane e restiamo, con gli amici che hanno sottoscritto il documento appello dei Popolari a Rovereto, impegnati nella costruzione della seconda gamba alternativa al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.
Ettore Bonalberti
Venezia, 6 Novembre 2015
Cose veneziane metafora di ciò che accade in Italia
Chiude la grande catena di distribuzione tedesca METRO a Marghera (70 posti a rischio), chiude l’agenzia AIR France a Venezia ( altri 11 licenziati), chiude uno dei più importanti negozi di articoli sportivi a Mestre; in Piazza Ferretto e in molte altre strade mestrine e veneziane è un susseguirsi di negozi con la saracinesca abbassata.
E’ questa la reale situazione che colpisce il terzo stato produttivo, il produttore reale della ricchezza nazionale, ma per il nostro Renzi, catapultato alla presidenza del consiglio “ tutto va bene” e siamo in piena ripresa.
In realtà ciò che accade a Venezia è la metafora di ciò che, in misura analoga, sta avvenendo in quasi tutta l’Italia.
Lo scontro tra la casta e quelli che sono meglio inseriti nella classe dei diversamente tutelati si sta facendo cruento, con il quarto non stato che regge il bordone ai potenti di turno, purché possano continuare a fare i loro affari, facendo la cresta sulla ricchezza prodotta del terzo stato produttivo.
Se la rivolta della Lega agli inizi degli anni’80 nelle regioni del Nord fu il risultato di una rivoluzione fiscale attiva, una volta che si ruppe il rapporto che legava la DC e i partiti del centro-sinistra al terzo stato produttivo sulla base del compromesso: non vi tasso con furore e in cambio ci date il voto, ora siamo ancora fermi all’astensionismo elettorale e al voto di protesta al M5S.
Si sta, tuttavia, profilando una seconda e ancor più pesante rivolta fiscale passiva, determinata non già dalla volontà e da una raggiunta coscienza di classe dei ceti produttivi, quanto piuttosto da un’oggettiva impossibilità a soddisfare gli adempimenti fiscali.
Alcuni si suicidono, altri scappano con le loro attività all’estero, altri ancora sono costretti a chiudere bottega. Non è ancora pronta una rappresentanza unitaria politica di tale condizione sociale.
Il governo sostenuto dalla maggioranza di un parlamento di “illegittimi, è retto da un leader mai eletto, espressione di poco più del 15 % dell’elettorato italiano, il quale intende accentrare sulla sua persona tutto il potere e fa votare riforme istituzionali iugulatorie per la democrazia e nettamente contrastanti con la Costituzione.
Sino a quando tale indecente situazione politica, istituzionale, economica e sociale potrà durare?
Ettore Bonalberti
Venezia, 5 Novembre 2015
EXPO 2015: ambigue verità
Tutti a sbracciarsi nel lodare i risultati straordinari di EXPO 2015, a partire dal Sindaco di Milano Pisapia, quel signore che, così riporta “l’Intraprendente”-giornale d’opinione del Nord, era firmatario di un documento del 2009 che suona esplicitamente come un appello No Expo e definisce appunto la manifestazione come un «assurdo luna park».
Tra le altre cose, scrive quel giornale, “in questa petizione promossa dai due architetti Emilio Battisti e Paolo Deganello e firmata, oltreché da Pisapia, da altri nomi della Milano Bene come Gae Aulenti, Salvatore Bragantini e Santo Versace, Expo2015 viene definita un «assurdo luna park di padiglioni che a manifestazione ultimata dovranno essere demoliti o andranno inevitabilmente in rovina in una landa desolata e senza vita, facendo scempio di quasi due milioni di metri quadri di prezioso terreno agricolo». E non solo. Il documento rincara la dose mostrando l’incompatibilità di Expo con un periodo di grande crisi economica: «Si abbia il coraggio di prendere atto una volta per tutte che questa manifestazione è totalmente anacronistica, soprattutto se viene realizzata nel tempo della crisi economica che investe l’intero pianeta».
Si sa che il pensiero ideologico è quello socialmente condizionato dalle posizioni, status e ruoli, che, a diverso titolo e in diversi momenti, si ricoprono, e anche un illustre avvocato come Pisapia non è immune da questa regola. Più emblematica la figura dell’AD di EXPO 2015, il Dr Giuseppe Sala, che è passato dalle stalle dei tristi episodi di corruzione accaduti durante la sua appassionata gestione dell’evento, alle stelle evocate da numerosi osservatori a partire dal presidente del Consiglio che, non gli è parso vero, di assumere il caso Milano come espressione della “migliore Italia”, sino a nominare il prefetto Tronca, commissario del comune di Roma, con la speranza che anche l’imminente Giubileo straordinario, possa ripetere il successo della manifestazione internazionale milanese.
Per Sala che, alla domanda non peregrina se egli si consideri di destra, di centro oi di sinistra, risponde con un categorico: “ me ne frego”, sembrerebbe aprirsi la strada di una candidatura PD al comune di Milano. Prima, però, credo sarebbe opportuno approfondire meglio i risultati di EXPO 2015: 21,5 milioni di visitatori dichiarati e confermati, ma quanti sono stati i paganti? Attendiamo il bilancio definitivo dell’evento, ma intanto si parla già di un deficit di 1,2 miliardi di € .
Non è che si sia organizzata una grancassa mediatica con la rappresentazione delle interminabili code ai tornelli di Rho, per nascondere col deficit di bilancio anche le gravi discrepanze tra il tema di EXPO 2015 e le concrete rappresentazioni nei padiglioni dei diversi Paesi, che, tranne alcuni casi (il più interessante dei quali il Padiglione ZERO dell’ONU) hanno soprattutto colto l’occasione per una mera propaganda turistica non molto dissimile da quella sperimentabile in ogni altra fiera del turismo?
In un Paese nel quale, come in politica, sembra che “valga ciò che appare” piuttosto della concreta realtà effettuale, tutto è possibile, anche quello di far credere agli italiani che “tutto va bene” anche se i conti non tornano e la propaganda la fa da padrona.
Ettore Bonalberti
Venezia, 4 Novembre 2015
Domenica 1 Novembre L’odierna allegata nota di Mario Tassone, presidente del CDU, ci ha dato lo spunto per una riflessione carica di speranza-
Siamo sulla strada buona
Ho ricevuto, come di consueto, la nota politica allegata dell’amico Mario Tassone. Debbo dire che in essa sono esposte in modo assai chiaro le linee su cui gli amici del CDU intendono muoversi; linee che corrispondono esattamente con quelle che anche noi che abbiamo sottoscritto il documento-appello di Rovereto condividiamo.
Si apre una stagione di serio confronto e comune riflessione con tutti i partiti e le associazioni, movimenti e gruppi che si sono incontrati a Roma il 28 ottobre scorso.
Anche con gli amici della Federazione di solidarietà popolare, ALEF e i circoli di Insieme intendono mantenere aperto il dialogo e il confronto, accomunati dalla medesima volontà di concorrere alla costruzione di un nuovo soggetto politico ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.
Lo stesso progetto che coltiviamo insieme agli amici dei Popolari per l’Italia e di Italia Unica con i quali, condiviso il documento di Rovereto, siamo impegnati a sviluppare sul territorio le più opportune iniziative che si concluderanno con il forum nazionale dei popolari e laici liberali e riformisti.
Per chi ha vissuto la lunga stagione della diaspora democristiana e i tortuosi percorsi della seconda repubblica, con la brutta aria che tira sul piano istituzionale, politico e sociale in Italia e in Europa, questi tentativi di dialogo e di progressivo superamento delle antiche insufficienti appartenenze sono una boccata d’ossigeno che fa ben sperare.
Parteciperemo, se invitati, alle prossime scadenze dei diversi partiti, gruppi e associazioni con la volontà di puntare a realizzare in tempi brevi l’unità dei popolari e dei laici cristianamente ispirati e per favorire l’emergere di una nuova classe dirigente.
Ettore Bonalberti
Domenica,1 Novembre 2015
M. Tassone: dobbiamo ridefinire un centro politico, che avrà ragione di esistere solo se ci saranno aree contrapposte Si stanno tenendo molti incontri al fine di aggregare formazioni di ispirazione popolare cristiana e laiche riformiste per dare vita, attraverso una Federazione, ad un soggetto politico che sia espressione di quanti chiedono quelle certezze che i tempi oggi non offrono. Sono i ceti medi produttivi, espressioni del mondo della cultura e del sociale, dei giovani che avvertano che tutto ruota ad estremismi improduttivi. Un centro politico va ridefinito. Sia le forze di maggioranza e di opposizione sono portatrici di posizioni estreme. Le riforme elettorali e costituzionali disegnano un sistema che comprime diritti e vanifica conquiste democratiche e le opposizioni si attestano su posizioni populiste. Oggi c'è una attenzione diffusa verso il centro da chi lo considera un dato geometrico per la gestione del potere. A questo disegno bisogna contrapporre la politica attraverso una area centrale che vive attraverso la dialettica fra la pluralità delle posizioni e la vivacità del confronto. In questi ultimi anni lo spazio del dibattito si è andato restringendo e chi assicurava con il sistema elettorale introdotto con le politiche del 1994 stabilità bipolarismo e alternanza è stato smentito. Non vi è stata stabilità e il bipolarismo non si è affermato. Si è impoverito il patrimonio di energie e di classe dirigente che si formava attraverso gli strumenti della politica e dei partiti. Oggi dicevamo si tende ad occupare il centro strumentalmente ma il centro ha ragione di esistere se ci sono aree contrapposte. Invece ci troviamo difronte una omologazione e a una occupazione di tutte le posizioni con la regola che chi vince prende tutto. Allora c'è l'interesse del partito del Presidente del Consiglio, e non solo, di occupare e sterilizzare il centro perché dalla ricomposizione di questa area può rinascere la politica dove non c'è posto per le posizioni personali. Il disegno di dar vita al Partito della Nazione è il prefazio del Partito Stato e del Partito Unico, dove sopravvivono formazioni satellitari. Ecco perché il nostro impegno deve essere più stringente per rappresentare quella realtà vasta di cittadini che pur esiste non disposta alla resa e a disfarsi dei propri convincimenti. Il nuovo CDU che aveva proposto l'11 maggio del 2013 e poi nel Congresso Nazionale dell'anno successivo una aggregazione, oggi è impegnato a costruire una Federazione e il nuovo soggetto Politico con gli amici di Italia Unica di Passera, con i popolari di Mario Mauro, con la federazione solidarietà popolare di Gianni Fontana, con Rinascita Popolare di Publio Fiore e con moltissime altre organizzazioni e circoli impegnati nel mondo della cultura, del sociale e del volontariato. A Rovereto questa estate fu sottoscritto un documento che va fatto vivere negli appuntamenti elettorali futuri. Il Nuovo CDU terrà la sua Conferenza Nazionale il 12 dicembre a Roma. Ci saranno anche gli amici delle organizzazioni sopra richiamate. Sarà un appuntamento importante che chiude una fase del nostro impegno portato avanti con coraggio e tenacia. Nell'ultima riunione per la Federazione di giorno 28 si è espressa la volontà di sostenere i ricorsi di costituzionalità della legge elettorale e il referendum per la "cancellazione" della riforma della Costituzione. Un nuovo soggetto sta prendendo corpo per coprire i vuoti della non politica di chi confonde la propria storia con il bagaglio di valori e di conquiste che stanno alla base della nostra Repubblica. Ci troviamo difronte la contrapposizione fra sistemi istituzionali. Noi scegliamo quello che garantisce progresso, sviluppo nella libertà, nel solco di un patrimonio di valori disperso per troppo tempo che va ricomposto per una grande sfida che, interessa, la nostra vita, e quella delle future generazioni.
Mario Tassone
Roma, 1/11/2015
Un precedente pericoloso
Era già accaduto negli USA che Ignazio Marino cadesse nella trappola di falsi rimborsi e messo alla porta senza indugi dall’University of Pittsburgh Medical Center in cui prestava servizio.
Anche a Roma, nell’esercizio delle sue funzioni di Sindaco il noto chirurgo si ritrova alle prese con scontrini e ricevute oggetto di inchieste giudiziarie. Per un Sindaco eletto con oltre il 60% dei voti degli elettori romani sembrerebbe una colpa abbastanza inconsistente, seppur da non sottovalutare, per il tipo di sfratto preparatogli dal suo partito, in corso d’opera nei minuti in cui sto scrivendo questa nota.
Al di là dei demeriti del “marziano” nello svolgimento della suo incarico in una città quanto mai complessa e difficile da amministrare, non ci piace il modo in cui si sta consumando l’ultimo atto di questa indecente commedia.
Spiace che un partito come il PD, frastornato dalle faide interne romane e squassato dal grave scandalo di “mafia capitale”, abbia impedito che la parola fine fosse scandita da un aperto e pubblico dibattito nella sede istituzionale competente del consiglio comunale capitolino.
Si è preferito assegnare al commissario-federale Orfini il compito di organizzare lo sciogliete le righe con dimissioni di massa depositate presso il notaio. Pericoloso precedente, assai raro nella storia delle amministrazioni comunali locali dopo la riforma che ha sancito l’elezione diretta del primo cittadino.
Tanto più grave poiché è il risultato di una decisione del ducetto di Palazzo Chigi, presidente mai eletto e votato da un Parlamento di “nominati” eletti con una legge elettorale incostituzionale, il quale, come ai tempi del Duce vero, sperimenta con Roma il sistema dell’utilizzo dei federali messi a capo del partito in sede locale, per decidere le sorti di organi eletti, ancorché gravati dalla pantomima incresciosa di un Sindaco imprevedibile.
E’ l’ennesimo segnale dei tempi tristi in cui ci tocca vivere, un precedente pericoloso per la già ultra traballante democrazia italiana.
Ettore Bonalberti Venezia, 30 Ottobre 2015 Popolari e laici in cammino
Ospiti degli amici di Italia Unica presenti con Lelio Alfonso, Pino Pizzielli e Carlo Fusi, si sono incontrati ieri a Roma molti esponenti di partiti, associazioni, gruppi e movimenti interessati a concorrere alla ricomposizione dell’area popolare e laico riformista e liberale. E’ giunto anche un saluto in call conference di Corrado Passera impegnato in un seminario internazionale di studio ad Abu Dabi, al tavolo sul futuro delle forme di governo e delle città.
Era la prima volta che i rappresentanti della vasta galassia ex DC, Popolare e laico riformista si trovavano insieme a discutere degli obiettivi e delle azioni da mettere in campo.
Unanime la condivisione del documento di Rovereto che può costituire il riferimento comune cui ispirare le prossime iniziative.
Più articolate le posizioni sui tempi e sulle modalità operative, con alcuni più decisamente orientati nella scelta dell’area di riferimento politico e altri più impegnati a meglio definire la natura e la struttura del nuovo soggetto politico.
Da un lato gli amici di Mario Mauro e dei Popolari d’Italia con i circoli di Insieme e di ALEF e con Italia Unica, sicuramente orientati a favore della costruzione di un soggetto laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.
Dall’altro, gli amici della Federazione di Solidarietà Popolare più interessati a costruire dal basso, la riunificazione delle molteplici realtà che operano, al di fuori delle strutture tradizionali e a impegnarsi per un ricambio totale della classe politica.
Più sfumata la posizione degli amici del CDU i quali, preoccupati che dal processo di superamento dei partiti si possa giungere, come già sta accadendo, al trionfo delle oligarchie e degli uomini soli al comando, hanno annunciato che il prossimo 12 Dicembre celebreranno la loro conferenza nazionale nella quale dichiareranno chiusa una fase della loro esperienza politica iniziata vent’anni fa, nel 1995, al Parco dei Principi, per concorrere alla costruzione del nuovo soggetto politico.
Tutti hanno condiviso, tuttavia, il documento-appello di Rovereto e il cronoprogramma degli appuntamenti indicati dal sen Ivo Tarolli per i prossimi mesi di Novembre-Dicembre.Una serie di incontri interregionali per condividere sul territorio le proposte programmatiche e per la struttura del nuovo soggetto politico; incontri che si concluderanno con un forum nazionale dei popolari e laici liberali e riformisti, da cui far nascere il nuovo partito.
Unanime, altresì, la volontà di sperimentare, ovunque sia possibile, la costruzione di liste civiche popolari, sull’esempio di ciò che si è fatto a Venezia con l’elezione di Luigi Brugnaro a Sindaco della città lagunare dopo oltre un ventennio di egemonia-dominio della sinistra, a partire dalle grandi città che saranno interessate dalle elezioni amministrative della primavera prossima: Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli.
Sarà questo il banco di prova di una rinnovata presenza dei Popolari apartire dalle realtà locali, là dove è più diretto il rapporto tra cittadini e istituzioni.
Intanto è già programmato un incontro nel Nord-Est alla Gran Guardia di Verona su iniziativa di Ettore Bonalberti (ALEF, Liberi e Forti), Carlo Giovanardi ( Popolari Liberali), Mario Mauro ( Popolari per l’Italia), Francesco Schittulli ( Movimento Politico Schittulli) e Flavio Tosi ( Fare) il 28 e 29 Novembre 2015 sul tema: “Nel centro destra, alternativi alla sinistra, con la nostra identità”.
Ettore Bonalberti
Venezia, 29 Ottobre 2015
Il “Fasulein” bolognese
Non smette di stupire il nostro “Fasulein” bolognese, Pierferdinando Casini, che connotai col nome della furbesca maschera emiliana della Bassa, alternativo a quelle dei conterranei, il più tonto“ Sandron” di Fini e il facondo “ Balanzone” di Prodi.
Da giovane del MG della DC a Bologna veniva scherzosamente appellato così: “ una bottiglia di Napoleon piena di acqua gassata”. Il senso era chiaro, molto fumo e poco arrosto.
In realtà Casini, grazie al Movimento Giovanile DC, migliorò non poco, tanto che Tony Bisaglia, in una delle rare volte che lo accompagnai sulla sua auto prima di uno dei nostri pranzi politici e della suo incidente, eravamo nel 1982, mi confidò che aveva puntato su quel ragazzo, Presidente del Consiglio nazionale dei giovani della DC, e che lo avrebbe portato in Parlamento, come avvenne, nel 1983.
Trentadue anni di carriera politica nei quali ha ricoperto importanti incarichi, tanto a livello parlamentare che in quello internazionale, in cui tuttora presiede l’Internazionale Democratico Cristiana dal 26 gennaio 2006.
Morto Bisaglia, divenne il delfino di Forlani prima, per accasarsi poi sotto le ali protettive e munifiche di Berlusconi e dei Caltagirone, finendo con il percorrere la lunga e martoriata strada della diaspora democristiana, dopo l’infausta decisione di Martinazzoli della chiusura dell’esperienza politica della DC (1993): dal CCD, all’unità con il CDU di Buttiglione, sino all’UDC e all’attuale Area Popolare.
Un percorso altalenante, ma sembra ispirato dai sacri principi di un doroteo di razza: mai perdere i contatti con il potere e, soprattutto, sopravvivere senza se e senza ma.
Ultima perla quella di favorire il progetto di Alfano a sostegno di Matteo Renzi, sino a ipotizzare la nascita di una nuova DC in quel partito della Nazione che “ il Bomba” sembra voler realizzare.
Poco importa che Renzi abbia già scelto di stare con il PSE a livello europeo, di appoggiare tutte le iniziative confliggenti con “ i valori non negoziabili” dei cattolici, assai più vicine alle istanze degli Scalfarotto e delle Cirinnà che a quelle degli eredi di Sturzo, De Gasperi, Fanfani e Moro.
Emergono tutti i limiti culturali del giovane vecchio bisagliano, assai più preoccupato della sopravvivenza politica sua e di alcuni suoi fedelissimi, piuttosto della coerenza con i valori che pure hanno ispirato la sua azione politica.
Dispiace che Casini si aggiunga alla schiera dei trasformisti che caratterizzano l’attuale scenario della politica italiana, allargando la schiera dei “Cavazzoni” popolari del XXI secolo.
Assai più proficua l’azione che da parte di molti movimenti, gruppi, associazioni di ispirazione cattolica e laica, popolare, liberale e riformista, sta emergendo da diverse realtà locali in molte regioni italiane, con l’aiuto di alcuni, per la verità assai pochi, parlamentari di minoranza, con i quali vorremmo organizzare quanto prima il Forum nazionale dei Popolari Italiani per costruire il nuovo soggetto politico alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.
Banco di prova: le prossime elezioni amministrative nelle quali siamo impegnati a presentare ovunque liste civiche e popolari, con la nascita diffusa in tutte le realtà locali di comunità di base raccordate in rete.
Ettore Bonalberti
Venezia, Lunedì 26 Ottobre 2015
Tornano i popolari !
“Basta deleghe in bianco, anche a persone come no, oneste, competenti e responsabili”. E’ questa la chiave di lettura dell’assemblea tenutasi a Roma Sabato pomeriggio dei simpatizzanti del percorso per la costituzione della lista civica per le elezioni amministrative di Roma.
L'incontro è stato introdotto dall'avv. Daniele Ricciardi e moderato dal dott. Eligio Ceccanei i quali, in queste settimane, hanno intensificato i contatti sul territorio cittadino potendo verificare il grande interesse suscitato da questa iniziativa che parte davvero dal basso. Infatti, il percorso non è stato promosso nè da un ricco imprenditore (come Berlusconi o Marchini), né un politico di professione (come Renzi o Meloni) né da un famoso comico ed un guru del web (come Grillo e Casaleggio). Il percorso è sostenuto da centinaia di cittadini attivi animati dal desiderio di cambiamento.
Parte da Roma, come già a Milano con il movimento NOIxMilano del giovane consigliere comunale Nicolò Mardegan, la sperimentazione di liste civiche e popolari destinate a caratterizzare “ il nuovo che avanza” alle prossime elezioni amministrative di primavera.
E’ lo stesso percorso che abbiamo seguito noi popolari veneziani a sostegno della candidatura di Luigi Brugnaro a sindaco di Venezia, risultato vincente e capace di strappare alla sinistra il governo di una città la cui amministrazione è stata ridotta alla condizione di default economico finanziario.
A Roma si è discusso delle modalità di formazione della lista e del programma approvando alla fine cinque possibili nomi da assumere per la prossima campagna elettorale, che dovrà rappresentare un’autentica svolta dopo le fallimentari esperienze delle giunte Alemanno e Marino. Si intende garantire un forte coinvolgimento della cittadinanza in tutte le fasi di composizione del programma e della lista dei candidati.
La lista civica si costituirà formalmente tra due settimane, dinanzi al notaio, lasciando decidere ai soci fondatori (coloro che hanno aderito fino ad oggi ai diversi incontri) gli organi del Movimento.
Il nome e simbolo saranno individuato sulla base degli esiti della consultazione dei romani che avverrà a partire dal 6 novembre attraverso i social network. In ogni caso il simbolo non conterrà il nome del candidato a Sindaco di Roma.
Anche gli amici Popolari Italiani che hanno condiviso a livello nazionale il documento di Rovereto (vedi allegato) sono interessati a quanto sta nascendo in varie realtà locali.
Concorreremo alla formazione di comunità civiche e popolari ovunque sia possibile per offrire la migliore tradizione autonomistica della cultura popolare e i valori dell’umanesimo cristiano con gli orientamenti della dottrina sociale della Chiesa, aperti alla collaborazione con i laici di cultura liberale e riformista cristianamente ispirati.
Contro i fenomeni di corruzione dilagante e che ammorba tutto il Paese, senza distinzioni geografiche, serve un sussulto di moralità, un ricambio totale della classe dirigente, e l’emergere di nuove energie e di politici ispirati dalla volontà di operare per il bene comune secondo i principi della solidarietà e sussidiarietà.
Da Roma, Napoli, Milano, Torino e in tutte le altre città e comuni impegnati nelle elezioni amministrative del 2016 dovrà tornare a farsi sentire la voce dei popolari italiani.
Ettore Bonalberti Venezia, 25 Ottobre 2015 Quel pinocchietto de “ Il Bomba”
Sergio Chiamparino si dimette dalla presidenza della conferenza delle Regioni, da un lato, per il grave disavanzo al limite del default della Regione Piemonte; dall’altro, per le conseguenze delle scelte del governo Renzi in materia sanitaria. Quanto al primo, il Piemonte è in buona compagnia con la maggior parte delle Regioni del Sud che, quanto a disavanzo, vedi Sicilia e Calabria, se fossero imprese private sarebbero già nelle condizioni di portare i libri in tribunale.
Per i tagli alla sanità siamo alle solite: pinocchietto “ Bomba”, twittando, twittando, ci rassicura che le tasse caleranno e, intanto, ci obbliga al doppio pagamento del canone RAI in bolletta per chi, oltre alla propria abitazione, dispone anche di un ufficio, salvo che quest’ultimo non sia privo di computer e ridotto alla condizione della scrittura amanuense con penna e calamaio. Con decisione coerente con la logica centralistica che caratterizza il suo anomalo governo, costringe, poi, le Regioni, competenti in materia sanitaria, a tagli nei servizi e all’aumento inevitabile dei ticket a carico dei contribuenti.
Di qui la sollevazione dei governatori di tutte le diverse aree politiche i quali, d’altronde, ci saremmo attesi che avrebbero protestato assai più rumorosamente con la legge di riforma costituzionale; legge che introduce un centralismo riconducibile a quello esistente prima dell’avvento delle Regioni a statuto ordinario. Manca solo che tra poco si decida che votare negli enti locali è esercizio inutile e costoso e il ritorno ai Podestà di nomina governativa insieme ai prefetti.
Che le Regioni abbiano fornito una ben triste immagine di se stesse è cosa evidente e nella consapevolezza diffusa; che serva un’immediata sforbiciata nel loro numero e composizione sino a ridurle a sei, sette macroregioni con compiti esclusivamente di programmazione e controllo, ritirandosi completamente da quelle di gestione diretta e indiretta con le partecipate, è opinione ormai largamente condivisa, tranne da coloro che dall’istituzione regionale hanno potuto ricavare sin qui i non più insostenibili differenziali economici e normativi, come quelli delle regioni a statuto speciale.
Tutto questo, però, non giustifica le scelte centralizzatrici di un esecutivo espressione di un Parlamento farlocco, composto da “nominati” eletti con legge incostituzionale. Cosa aspetti il Presidente Mattarella, ahimè, anch’egli espressione di tale equivoca situazione istituzionale, a por fine a tale scempio giuridico costituzionale, non riusciamo onestamente a comprenderlo.
La sequela di arresti tra politici, alti burocrati e funzionai minori con relativi imprenditori corruttori dell’ANAS di ieri, insieme a quelli di quasi metà dei dipendenti di un comune ligure dediti al facile e illegale utilizzo del cartellino, pass non per il lavoro, ma per garantirsi impunità nell’abbandono del proprio dovere d’ufficio, è la plastica dura rappresentazione della drammatica realtà di un Paese in cui lo Stato di diritto non esiste più, con la confusione istituzionale massima a tutti i livelli.
Ettore Bonalberti Venezia, 23 Ottobre 2015 Non praevalebunt
Sono cattolico, apostolico romano e credo nella “ Santa Chiesa cattolica” e nel suo Capo “servo servorum Dei” e in papa Francesco, come ho creduto in tutti i Papi della mia vita: da Pio XII a Papa Giovanni XIII, da Paolo VI, a Papa Giovanni Paolo I, da Papa Giovanni Paolo II a Papa Benedetto XVI sino all’attuale Pontefice, Papa Francesco.
Sono laico per le mie scelte politiche che, tuttavia, nella “città dell’uomo”, tento di conformare agli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa che, oggi come nel XIX e XX secolo, sono le uniche voci credibili sui fenomeni apparsi nel mondo dalla prima industrializzazione (Rerum novarum) al società attuale della globalizzazione.
Dalla “ Caritas in veritate “ di Benedetto XVI all’ “ Evangeli Gaudium” e alla “ Laudato Si” di Papa Francesco, derivo gli orientamenti per le mie scelte responsabilmente autonome sul piano politico culturale e non trovo altre indicazioni più serie ai problemi della nostra condizione storico politica.
So che a livello internazionale prevalgono i poteri forti, espressione di coloro che hanno rovesciato i principi del NOMA ( Non Overlapping Magisteria) e posto il turbo capitalismo finanziario alla base degli orientamenti strategici, subordinando ad esso l’economia produttiva e la politica ridotta al ruolo di accolita servente.
So anche dell’eterna lotta portata avanti dalle diverse massonerie interne e internazionali contro il cattolicesimo e dei molti, troppi, turiferari al loro servizio dentro e fuori dell’Italia.
Trovo vergognoso il tentativo di delegittimare Papa Francesco , come già accadde per Papa Ratzinger, sulla base di ipotetiche e indimostrabili visite mediche con conseguenze sì gravi, ma non troppo, a suo danno.
Mi conforta la speranza che alla fine prevarrà quanto dice Gesù nel Vangelo di Matteo: “ Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli. » (Matteo 16,17-19
Le tenteranno tutte, specie in questi ultimi giorni del Sinodo, ma alla fine: “ le porte degli inferi non praevalebunt”.
Ettore Bonalberti Venezia, Giovedì 22 Ottobre 2015
Una battaglia contro i mulini a vento
Ricevo da alcuni amici diverse note di commento a quanto vado scrivendo sui temi della politica nazionale.
Una delle ultime mi è stata inviata da un amico di cultura laica repubblicana il quale scrive: “da cittadino e uomo d'azienda che forse capisce poco della politica italiana: non mi rendo conto della logica alla base del proliferare di movimenti, attorno al centro, alcuni più orientati di qua e altri di là, ma dispersi: da quello di Corrado Passera alle fratture del partito di Alfano, ecc., dei quali sento e leggo la presenza ma non ricordo nemmeno i nomi. Posso capire il ragionamento di un segretario, che si vede al comando e quindi esposto ai media se a capo di un piccolo partito che poi rischia di scomparire alle elezioni. Ma così non si crea nulla di incisivo oltre a PD, 5 Stelle, Lega e un po' FI.”
Effettivamente viviamo una condizione dominata dal trasformismo che genera la confusione babelica in atto. Servirebbe una forte protesta civile, come vado scrivendo con la mia teoria euristica dei “quattro stati” ( la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo, il quarto non Stato) ma, si sa, come diceva Winston Churchill: “ Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e perdono le partite di calcio come se fossero delle guerre” Da don Chisciotte quale realmente sono, come “profeta disarmato, da anni combatto per concorrere alla ricomposizione dell’area popolare, ma è come combattere con i mulini a vento.
Ettore Bonalberti
Venezia, mercoledì 21 ottobre 2015 E’ il terzo indizio, praticamente una prova
Magari sarò un pò fissato con la pratica realizzazione del Piano Rinascita di Gelli viste le ultime scelte del governo Renzi, ma dopo l’odierna sortita dell’On. Cicchitto, iscritto a suo tempo anche lui alla P2, siamo al terzo indizio massonico dopo quelli di Berlusconi e Verdini e, come diceva Aghata Christie: se “una coincidenza è una coincidenza; due coincidenze sono un indizio; tre coincidenze rassomigliano ad una prova”. Adesso anche per Alfano ogni alibi deve essere dissolto dato che l’invito dell’ex socialista lombardiano risulta esplicito e senza equivoci: sciogli il NCD e tutti insieme nel PD di Renzi che è stato migliore di Craxi e Berlusconi nell’uccidere i comunisti. Cari Formigoni e Lupi: avete ancora dubbi? Renzi, come vado scrivendo da tempo, é la versione trasformista del socialismo nostrano e non per caso ha scelto come approdo europeo il PSE. Credo che chi si sente parte della storia del popolarismo italiano la strada obbligata sia quella di concorrere alla costruzione della seconda gamba del sistema politico italiano alternativa al renzismo.
Ettore Bonalberti
Venezia, 20 Ottobre 2015 Quel Robin Hood toscano alla rovescia
Sul taglio dell’IMU sulla prima casa per tutti sono d’accordo con l’On Bersani. Così come concepita: “per tutti”, siamo alla violazione del principio costituzionale fissato dall’art 53 della Costituzione che recita: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività." Certo i neo-costituzionalisti toscani del duo Boschi-Verdini sono molto lontani dalla cultura che ispirò i padri costituenti e “ il Bomba “ fiorentino è ridotto a maschera replicante dei ventriloqui altoparlanti dei poteri forti. Che fosse odiosa l’IMU selle prime case è realtà che abbiamo combattuto sempre con riferimento alle classi popolari e al ceto medio produttivo, ma introdotta questa patrimoniale in un Paese in cui l’evasione fiscale la fa da padrona risulta ancor più odioso decidere di toglierla secondo la regola del Robin Hood rovesciato, con il bel risultato che si fa pagare di meno a chi ha di più. E’ la cifra di riconoscimento del trasformismo politico culturale di un giovin signore che sceglie di stare a sinistra facendo politiche della destra più reazionaria. E’ tempo che i popolari di tutte le residue culture politiche nazionali sappiano reagire facendo sentire la loro voce all’unisono contro una deriva autoritaria ispirata dalle peggiori pulsioni conservatrici.
Ettore Bonalberti Renzi ha vinto: ora serve un’alternativa popolare
Inutile girarci intorno: Matteo Renzi ha vinto e adesso sarà il caso di farcene una ragione. C’è chi, come il sottoscritto, vede in questo passaggio parlamentare, foriero di una trasformazione strutturale della Costituzione, un altro tassello essenziale di quel Piano di Rinascita Democratica del Venerabile Maestro Licio Gelli. Troppe circostanze, personaggi e vicende dirette e collaterali convergono a sostegno di questa mia convinzione.
Persino nelle modalità in cui tale trasformazione dell’assetto costituzionale viene eseguita, ossia nella totale illegittimità politica sostanziale di un capo del governo mai eletto in Parlamento, usufruttuario del “golpe blanco “ del Novembre 2011 che ebbe come esecutore materiale un Presidente della Repubblica dalla storia ambigua e ondivaga, tra fedeltà acritica allo stalinismo trionfante e successiva conversione alle volontà prevalenti dei poteri finanziari internazionali. Un’illegittimità tanto più gravata da una maggioranza parlamentare farlocca di “nominati” eletti da una legge incostituzionale e drogata dall’apporto di voltagabbana dell’ultima ora espressione del peggior trasformismo politico della storia parlamentare italiana.
C’è chi, con molta più competenza costituzionale del sottoscritto, come i proff. Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Alessandro Pace, Stefano Rodotà, Massimo Villone, su “Il manifesto” di ieri hanno scritto della “peggiore riforma”, considerato che:” La proposta di legge costituzionale che il Senato voterà oggi dissolve l’identità della Repubblica nata dalla Resistenza. È inaccettabile per il metodo e i contenuti; lo è ancor di più in rapporto alla legge elettorale già approvata.” Alla fine gli illustri costituzionalisti concludono con un appello :” Bisogna dunque battersi contro questa modifica della Costituzione. Facendo mancare il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti in seconda deliberazione. E poi con una battaglia referendaria come quella che fece cadere nel 2006, con il voto del popolo italiano, la riforma — parimenti stravolgente — approvata dal centrodestra.” Lodevoli propositi ma, almeno credo, privi di una concreta possibilità di riuscita.
Nella situazione politica in cui ci ha condotto “ il Bomba” fiorentino con un partito, il PD, nel quale, tranne pochi piccoli indiani, si sono ritrovati tutti uniti in un compromesso ridicolo e con l’avallo di accoliti senza speranza e l’apporto, ancorché superfluo, del drappello mercenario verdiniano, ciò che più ci addolora è l’assenza pressoché totale della voce dei popolari.
Tranne Mario Mauro dei Popolari per l’Italia, Carlo Giovanardi del NCD e pochi altri, nessuna voce si è levata contro ciò che Renzi con lucida determinazione ha conseguito sino all’approvazione parlamentare, pressoché definitiva, considerata la sicura passeggiata per il quarto voto della Camera dei Deputati drogata dal “porcellum”.
Ho scritto di noi, di un movimento sgarruppato, almeno nella sua frantumata residua rappresentanza parlamentare, frantumato anche nella vasta galassia di associazioni, movimenti, gruppi che caratterizzano la complessa realtà sociale, culturale e politica dell’area popolare e di ispirazione democratico cristiana. Un movimento diviso tra chi, come l’ormai finito NCD (esploso in data odierna, dopo l’ultima battaglia perduta con Renzi sul tema dei diritti civili e l’annunciato voto contrario alla fiducia del sen Giovanardi e dell’On Roccella, che fa loro onore) continua con Alfano a tenere il bordone al giovin signore fiorentino; chi, come gli Onn. Tabacci e Dellai, se non sono ancora formalmente parte del PD, hanno già messo un piede sull’uscio e altri, come varie Federazioni popolari costituite o costituende sembra trovino residue difficoltà a condividere un comun sentire e a impegnarsi nella costruzione del nuovo soggetto politico. Eppure serve un’ autentica e credibile seconda gamba del sistema, in grado di rappresentare un’alternativa per quel 50% di elettori italiani che non vanno a votare e che non si ritengono rappresentati nello schema artificiosamente bipolare Renzi- Grillo o Renzi-Salvini. Non si tratta di ricostruire un contro destra contro l’ircocervo trasformista renziano, ma di costruire ex novo una seconda gamba credibile e alternativa di governo del Paese.
Nasce da tale consapevolezza, aggravata dal permanere, salvo prova contraria, della legge elettorale super truffa dell’Italicum (premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione) la nostra idea di concorrere a costruire insieme a quanti sono disponibili il nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.
Abbiamo già messo in cantiere, come gruppo dei Popolari italiani firmatari del documento di Rovereto, otto-nove assemblee regionali entro fine anno, per concorrere tutti insieme a Gennaio, nel Forum nazionale dell’alternativa popolare, per far partire il nuovo soggetto politico.
Ettore Bonalberti
Venezia, Mercoledì, 14 Ottobre 2015
La rilettura renziana del Piano Gelli
Su “ Il Fatto Quotidiano” dell’8 Luglio 2010, Marco Travaglio, commentò il Piano di Rinascita democratica di Licio Gelli, Maestro della loggia massonica P2, riconducendo larga parte della vicenda politica berlusconiana al tentativo, in parte riuscito, di traduzione sul piano operativo delle linee strategiche indicate dal Venerabile Maestro.
Abbiamo esaminato analiticamente quel Piano e messo a confronto con quanto sta accadendo adesso, dopo cinque anni dell’analisi svolta da Travaglio.
Onestamente dobbiamo ammettere che ciò che sta realizzando Matteo Renzi, capo del governo mai eletto nel Parlamento e in forza di una maggioranza parlamentare farlocca, composta da “nominati” eletti secondo una legge elettorale, “ il Porcellum”, incostituzionale e ulteriormente drogata dal progressivo assorbimento di voltagabbana dell’ultima ora, altro non è che la prosecuzione fisiologica di quel progetto.
Sarà per la coincidenza della matrice geo politica del trio toscano Renzi-Boschi-Verdini, sarà per i frutti avvelenati e velenosi del famigerato patto de Il Nazareno, saranno le frequentazioni massoniche di logge più o meno deviate o coperte di alcuni dei personaggi di questa stravagante rappresentazione politica, ma quanto sta accadendo, con il combinato disposto della riforma del Senato al secondo voto di Palazzo Madama Martedì prossimo e della legge elettorale dell’Italicum, è uno dei tasselli essenziali indicati dal Piano Gelli di Rinascita democratica.
Tutto ciò si realizza in un clima di asfissiante trasformismo politico che disonora ciò che resta del Parlamento della Repubblica Italiana.
Messa la museruola alla minoranza interna del PD, arresasi senza colpo ferire alla volontà del dominus fiorentino; frantumata l’opposizione, tra l’ambigua e ambivalente funzione delle truppe residue berlusconiane altalenanti nel voto segreto; sostanzialmente ridotta all’impotenza la frastagliata presenza di ciò che rimane dei rappresentanti ex popolari e democratico cristiani, la sola opposizione decisa e coerente al Senato resta quella della Lega e del M5S, mentre si manifestano ogni giorno di più, tentativi di transumanze opportunistiche di residui ex combattenti e reduci dell’alternativa al renzismo trasformista.
Serviranno ancora almeno altri due passaggi parlamentari su un unico testo approvato dalle due camere, prima che la riforma diventi legge da sottoporre al referendum popolare confermativo, ma non sembrano emergere esplicite volontà di dissenso all’interno di una maggioranza drogata e farlocca. Una maggioranza tenuta insieme, non da culture o visioni strategiche di ampio respiro, ma unicamente dalla volontà dei parlamentari di sopravvivere nei privilegi della casta acquisiti e/o da completare. Una casta sempre più indigesta alla realtà della società civile del nostro Paese, che vive, tuttavia, una condizione di frustrazione senza palese aggressività.
Questo clima di rassegnazione e di sfiducia è il frutto di una società frustrata e senza più speranza, che, tuttavia, non sa passare dalla rabbia e dalla frustrazione a quella rivolta democratica di cui il Paese avrebbe necessità.
Viviamo il tempo dei pavidi e degli arrendevoli, in cui prevalgono più i Quisling e i voltagabbana che gli eroi, e, per quanto attiene al nostro sgarruppato movimento di cultura e tradizione popolare, tranne qualche lodevole eccezione (Mario Mauro, Carlo Giovanardi e pochi altri) è il tempo dei neo cavazzoniani disponibili, come nel 1923, a sostenere la nuova legge Acerbo dell’Italicum, legge super truffa, voluta prima dal trio Boschi-Verdini-Migliavacca e posta alla base del patto de Il Nazareno, e, almeno sin qui, avallata da molti amici ex popolari dentro e fuori del governo.
Se qualcosa non accadrà in tempi brevi, ciò che il Venerabile Maestro di Castiglion Fibocchi (AR), aveva lucidamente ipotizzato nel suo Piano di Rinascita Democratica, si avvia a realizzarsi compiutamente, grazie a quel “ Bomba” fiorentino che, consapevole o no, sembra che quel Piano lo abbia letto, meditato e rimesso in pista assai bene.
Ettore Bonalberti Venezia, Lunedì 12 Ottobre 2015
Stop ai voltagabbana e ai Quisling di Renzi
Che Berlusconi avesse la tendenza a mentire l’aveva scritto tante volte il compianto Indro Montanelli. E’ nella natura dell’uomo, scriveva il grande giornalista, che lo fa con naturalezza, magari senza rendersene conto, sempre inseguendo il suo “particulare”….. Navigare di bolina, ossia dire una cosa a destra e farne un’altra a sinistra, non è una novità nella politica. Più emblematico e sconcertante appare il caso in cui ogni giorno, come da un pò di tempo, fa il Cavaliere, si predica contro il renzismo e nello stesso tempo gli accoliti fidati si comportano esattamente all’incontrario. E’ accaduto anche ieri al senato, dove una trentina di senatori, il capogruppo Romani consenziente, hanno di fatto salvato il governo nel voto sull’emendamento della sinistra sulla dichiarazione di guerra. Questo schizofrenico comportamento dei parlamentari di Forza Italia, iniziato al tempo dello scellerato patto de Il Nazareno, che, per la verità, non portò nulla di buono a Berlusconi, e il voto di approvazione alla legge super truffa dell’Italicum, è stato svelato ieri dal senatore Emilio Floris che a “Repubblica" ha dichiarato: "L'ultima volta che ho parlato con Berlusconi, giorni fa, mi ha chiesto perché stiamo sostenendo Renzi al Senato. Semplice, gli ho risposto, perché ce lo hai detto tu”. Insomma un partito, quello che rimane di Forza Italia, ormai double face e che naviga di bolina: predica bene e razzola male. Siamo alla totale babele della politica e al trionfo del peggior trasformismo. E’ tempo che tutti coloro che si oppongono al renzismo e al fascismo strisciante, dentro il PD e in tutti gli altri partiti, movimenti e gruppi politici, sociali e culturali esprimano con chiarezza le loro posizioni. Contro il partito della Nazione, che assomiglia sin troppo al Listone nazionale messo insieme dal Duce alle elezioni del 1924, con una legge elettorale, legge Acerbo, molto vicina a quell’ircocervo dell’Italicum, è tempo di ricostruire un’alleanza tra culture politiche convergenti sui valori fondanti della Costituzione, a partire da coloro che si riconoscono nella storia e nella cultura politica del popolarismo italiano. Ai voltagabbana e ai Quisling cattolici e laici ormai servi del renzismo il ruolo dei traditori che fu proprio dei Cavazzoni all’epoca del PPI di don Luigi Sturzo.
Ettore Bonalberti
Venezia, Giovedì 8 Ottobre 2015 Non ho più voce
Giacomo Acerbo era un esperto agronomo, dirigente del PNF, cui Mussolini, dopo le elezioni del 1921 (15 Maggio 1921) e la marcia su Roma (Ottobre 1922) e dopo il suo discorso del bivacco e sull’aula “sorda e grigia” (16 Novembre 1922), assegnò il compito di predisporgli una legge elettorale in grado di garantirgli quella maggioranza parlamentare di cui non disponeva alla fine del 1922, risultando prevalenti i deputati socialisti e popolari, espressione della legge elettorale proporzionale che aveva concorso al superamento dell’Italia liberale giolittiana alle elezioni del 1921.
Acerbo per la redazione di quella legge ebbe la consulenza illustre, nientemeno che del futuro primo presidente della Repubblica Enrico De Nicola, e di altri illustri giuristi con cui scrisse la famigerata legge che garantiva il controllo assoluto del Parlamento alla lista che avesse ottenuto almeno il 25% dei voti (Legge 18 Novembre 1923,n.2444).
Legge Acerbo del 1923, squadracce fasciste in azione a giorni alterni e su e giù per l’Italia, violenze diffuse ai seggi, utilizzo dei nuovi mezzi di propaganda da parte di Mussolini, che, da semplice capo del PNF autore della sgangherata marcia su Roma, fu incaricato dal Re di guidare il governo in cui entrarono molte delle forze presenti in quel parlamento rassegnato e convinto che, alla fine, quell’ex socialista sarebbe rientrato nel buon ordine parlamentare tradizionale; furono questi gli ingredienti, insieme alla sostanziale indifferenza della maggioranza degli italiani desiderosi solo di un ritorno alla “normalità”, che stettero alla base dell’oltre 65% di voti colti dalla Lista nazionale (60,09%), con in netta evidenza il suo simbolo del fascio littorio, insieme alla Lista Nazionale bis dei dissidenti fascisti ( 4,85 %).
Anche allora, i sindacati messi in ginocchio e un clima di progressiva occupazione del potere a tutti i livelli della nuova compagine nera con gli aggregati accoliti e turiferari alla bisogna.
A sommo disonore eterno della nostra storia di Popolari quello Stefano Cavazzoni, resosi subito disponibile a sostenere la famigerata Legge Acerbo, che Sturzo sempre osteggiò sino a dimettersi da segretario del PPI il 10 Luglio 1923, prima dell’approvazione di quella legge e delle successive elezioni plebiscitarie a favore del Duce (6 aprile 1924).
Ripasso velocemente queste tristi pagine della nostra storia nazionale che, pur nelle sostanziali diversità rispetto alla situazione attuale, servono a riflettere su ciò che sta accadendo oggi in Italia.
Non siamo alle drammatiche condizioni del dopoguerra d’inizio secolo scorso, ma viviamo una altrettanto difficile situazione economica, sociale, culturale e politica, più volte rappresentata con la mia euristica teoria dei quattro stati, la cui espressione finale è caratterizzata dall’astensionismo diffuso, specie del terzo stato produttivo vessato e senza più rappresentanza politica, con una condizione istituzionale partorita dal “golpe blanco” del 2011, in presenza di un Parlamento di nominati illegittimi, in cui trionfa il più indecente trasformismo e compravendita quotidiana di voltagabbana interessati solo alla sopravvivenza nei privilegi della casta.
Se Acerbo poté redigere quella famigerata legge con l’assistenza di De Nicola, Matteo Renzi deve, invece, a quegli “ illustri costituzionalisti toscani” di Verdini e della Boschi, insieme al Migliavacca, la stesura della legge super truffa dell’Italicum, costruita per garantire al “ Bomba” il controllo definitivo di un Parlamento nel quale, almeno sino a oggi, egli non è mai stato eletto.
Anche adesso, come allora, il sindacato è in ginocchio, i partiti di opposizione frantumati e divisi, la sinistra in pratica scomparsa, mentre forte è la voce degli estremismi senza speranza.
Al Senato si sta svolgendo un’indegna rappresentazione il cui esito sembra scontato. I media sono in massima parte schierati a sostegno del “giovin signore” che è in grado di mobilitare tutti i moderni strumenti della propaganda, a disposizione diretta e indiretta del governo, per prepararsi alle prossime elezioni drogate da quell’ ircocervo dell’Italicum.
Non ho più parole per denunciare i gravi rischi che sta correndo la democrazia italiana. Mi resta solo la speranza che qualcun altro, molto più autorevole del sottoscritto, sappia raccogliere questo sconsolato grido di dolore di una voce che é sempre più flebile, sempre più dolente e sempre più sola.
Ettore Bonalberti
Venezia, 6 Ottobre 2015
Accelerare i tempi Lettera Appello
Cari amici, la situazione venutasi a creare in questi giorni al Senato rende necessario accelerare i tempi che ci eravamo prefissati dopo Rovereto e il recente incontro di Roma del 15 settembre scorso. Credo sarebbe necessario: a) organizzare una forte iniziativa di protesta da tenersi a Roma davanti al Senato per contestare ciò che sta avvenendo con tutti gli amici interessati/bili;
b) avviare da subito la formazione di una Federazione dei Popolari e laici liberali e riformisti interessati a costituire un fronte alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi da sostenere e rafforzare con l'estensione della stessa Federazione nei livelli territoriali regionali, provinciali e locali, superando l'attuale frammentazione e dispersione di energie, ciascuna da sola destinata a sicuro fallimento. Questa strada è stata da noi già avviata nel Veneto alla vigilia delle elezioni regionali e comunali di Venezia, con ottimi risultati ( 12,5 % alla lista Tosi in sede regionale e la vittoria storica di Brugnaro al Comune di Venezia in alternativa al dominio pluridecennale della sinistra).
Ho esaminato le diverse proposte programmatiche dei Popolari per l'Italia, i documenti di Rovereto, quelli del Fare di Tosi, dei conservatori di Fitto, la piattaforma programmatica di Italia Unica, i documenti del CDU e di Rinascita Popolare, quelli di Gianni Fontana con il suo movimento di solidarietà Popolare, degli amici della Nuova DC e ritengo che si possa trovare un comun denominatore da cui partire.
Organizziamo insieme tra grandi incontri Nord-Centro-Sud invitando tutti i nostri iscritti e simpatizzanti e le diverse associazioni presenti sul territorio interessate/bili e entro l'anno, con una grande Assemblea Generale nazionale, facciamo nascere il nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale,riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell'umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi delle estreme.
Non c'é più tempo da perdere,anzi non c'é nemmeno più tempo.
In attesa delle vostre risposte, vi saluto cordialmente.
Ettore Bonalberti Presidente A.L.E.F. (Associazione Liberi e Forti) socio fondatore Associazione Democrazia Cristiana e coordinatore per le regioni del Nord della Federazione dei Popolari Italiani promotore e coordinatore del think tank "VENETO PENSA" Via miranese 1/A 30171-Mestre-Venezia tel. 335 5889798
Venezia, 1 Ottobre 2015 Una farsa indegna
Ciò che sta accadendo al Senato in queste ore è la rappresentazione di una farsa indegna di un organismo democratico.
Un emendamento “canguro” a firma del senatore Cociancich del PD, di cui si è chiesto la perizia calligrafica, permette di zittire la minoranza di un Parlamento farlocco espressione di una legge elettorale incostituzionale.
Patetico l’urlo dell’amico Zanda contro “coloro che non vogliono la riforma”, preoccupato com’é di dover guidare un partito diviso e sovra rappresentato dal “porcellum” incostituzionale, che sta per varare, con l’aiuto di accoliti e turiferari irresponsabili, un combinato disposto sostanzialmente illegittimo per la natura dell’organo che lo sta approvando, sicuramente sottoponibile immediatamente ad altro giudizio della Corte Costituzionale sul fronte della legge super truffa dell’Italicum e foriero di chissà quali avventure sul piano politico nazionale.
Bene ha fatto il sen Mario Mauro, tra le poche voci fuori dal coro, insieme a quelle degli amici della Lega e del M5S e dei superstiti di Forza Italia, i quali ultimi vivono la contraddizione di ciò che avevano seminato con il “ costituzionalista Verdini” al tempo del famigerato patto del Nazareno, a ricordare che “basta un batter di ciglio del Presidente del consiglio” che tutto si adegua in una Camera dove il Presidente Grasso rischia di fare la fine di un qualsiasi Don Abbondio “vaso di coccio tra vasi di ferro”.
Sono giornate tristi per la democrazia italiana, se una minoranza, pari a non più di uno scarso 15% del corpo elettorale, intende imporre non una legge qualsiasi, ma il cambiamento stesso della Carta costituzionale, a colpi di “ canguri” e con i voti di un’esigua maggioranza rinforzata dai voltagabbana dell’ultima ora, aspiranti al vitalizio garantito dal prolungamento della legislatura.
Invano dal 2012 chiediamo inascoltati, al Presidente Napolitano prima e allo stesso Mattarella poi, di chiudere la farsa di un Parlamento farlocco e di dare voce al popolo con l’elezione di un’assemblea costituente con l’unica legge elettorale legittima, il “ consultellum” derivato dalla sentenza della Corte sul “porcellum”. Invece si ava avanti come se tutto fosse normale in una condizione di oggettiva sostanziale illegittimità politica e costituzionale.
Si vede che, rispetto alla conclamata“ sovranità popolare” posta alla base della nostra Costituzione, prevale quella dei poteri finanziari, che guidano economia e politica a livello internazionale e scelgono i loro burattini da utilizzare come “utili idioti”, senza distinzione di appartenenza politica, meglio se dediti a quel vizio del trasformismo italico che ha segnato i momenti più difficili della nostra storia nazionale.
Ettore Bonalberti
Venezia, 1 Ottobre 2015
Da soli non si va da nessuna parte Venezia, 29 settembre 2015 Che fare con il nuovo Senato? 24 - 09 - 2015Ettore Bonalberti Martedì scorso la direzione del PD ha raggiunto un compromesso al ribasso che si è tradotto nell’emendamento all’art. 2 della legge di riforma del Senato espressione del peggior doroteismo politico. Resta intatta una legge elettorale super truffa peggio della famigerata Legge Acerbo. Stia attento il “giovin signore fiorentino”, ché “il diavolo fa le pentole e non i coperchi”. Non raggiungesse la quota prevista (tema da sottoporre, come per il porcellum, al giudizio della corte costituzionale) al ballottaggio potrebbe avere qualche spiacevole sorpresa… Ora si è aperta la sarabanda al Senato con relativa transumanza di senatori per far passare a colpi di maggioranza, espressione di un indecente trasformismo politico, nientemeno che la riforma della Costituzione. Farlocca la maggioranza e farlocco un parlamento di eletti con una legge elettorale, il porcellum, dichiarato incostituzionale. Non solo è finito lo stato di diritto da un pezzo in Italia, ma ora sta consumandosi ogni parvenza di democrazia. Ai tempi di Togliatti, Longo e Berlinguer nel vecchio PCI c’erano voci fuori dal coro, come quelle di Pietro Ingrao a sinistra e di Giorgio Amendola a destra, che non tacevano. Ora anche tra gli eredi del vecchio PCI ci sono solo “mezzommini e ominicchi”. Per non parlare di Area Popolare. E’ tempo di scendere in piazza anche noi popolari e “DC non pentiti”. Questa indecente anomalia di un governo e di un parlamento senza legittimazione deve finire! Ettore Bonalberti Venezia, 24 Settembre, 2015 Riflessioni di un Popolare a Washington
E' una sfida enorme quella di ricostruire i valori nella società, in particolare nella politica. Guardando alla delicata e complessa fase politica italiana, invio questa riflessione da Washington, mentre siamo in attesa della visita di Papa Francesco che parlerà al Congresso su temi come: immigrazione, economia, ambiente, valori etici, pace, nuove e antiche povertà. Tutti temi d'interesse planetario e che sono sensibili anche per la competizione elettorale già in corso in USA per le Primarie dei due grandi raggruppamenti: Repubblicani e Democratici.
"Per non subire passivamente le sollecitazioni di chi vede le scelte politiche solo sotto il profilo economico e il rigore contabile e di bilancio facciamo riferimento ai discorso di Don Luigi Sturzo, che 95 anni fa lanciò l'appello ai Liberi e Forti, e di Robert Francis Kennedy (detto Bob), per l’elezione a Presidente degli Stati Uniti d'America nel 1968.
Discorsi così lontani nel tempo e nei due Paesi di riferimento, ma che ci sembrano di grande attualità e integrabili, pur nelle grandi diversità, nell'era della società digitale e della globalizzazione.
Durante i suoi discorsi, RFK poneva spesso l'accento sul fatto che dovessero essere la compassione e l'amore a farci comprendere il mondo. Egli criticò duramente il PIL come indicatore di benessere in un'epoca in cui il concetto non era ancora così noto e dominante: "Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro PIL ha superato 800 miliardi di dollari l'anno, ma quel PIL - se giudichiamo gli USA in base ad esso - quel PIL comprende l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le autostrade dalle carneficine. Comprende serrature speciali per le nostre porte e prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende la distruzione delle sequoie e la scomparsa delle nostre bellezze naturali nella espansione urbanistica incontrollata. Comprende il napalm e le testate nucleari e le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Eppure il PIL non tiene conto della salute dei nostri ragazzi, la qualità della loro educazione e l'allegria dei loro giochi. Non include la bellezza delle nostre poesie e la solidità dei nostri matrimoni, l'acume dei nostri dibattiti politici o l'integrità dei nostri funzionari pubblici. Non misura né il nostro ingegno né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione per la nostra nazione. Misura tutto, in poche parole, eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta. Ci dice tutto sull'America, eccetto il motivo per cui siamo orgogliosi di essere americani". (Robert Kennedy - Dal discorso del 18 marzo 1968 alla Kansas University).
Per quanto riguarda Don Luigi Sturzo richiamiamo i suoi discorsi e riflessioni sulla Politica, sulla moralità e sull'impegno doveroso dei cattolici. Richiamiamo il famoso "Appello ai Liberi e Forti", (di cui ricorre il 95^ anniversario) e sintetizziamo il suo pensiero in questa frase: "L'Economia senza valori etici è diseconomia e produce grandi sofferenze all’umanità"
In questi giorni difficili, per mancanza di accordi sulla legge elettorale, che Renzi&Alfano&Compagnia Verdini vorrebbero imporre ai cittadini senza dare loro la libertà di scegliere i candidati, segnaliamo insieme a tanti autentici popolari che il popolarismo e la buona politica dei grandi democratici cristiani: Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira, Aldo Moro servono ancora e urgentemente all'Italia per non affidarla alla deriva antidemocratica del leaderismo, senza principi etici che si affida al populismo, e dello strapotere di extraparlamentari mai eletti dal Popolo.
Come Cattolici democratici, come Liberi e Forti, come Laici liberali e ispirati all'umanesimo integrale della persona al centro, cerchiamo di trovare la strada dell'unità per ridare speranza e concrete soluzioni per il miglioramento del bene comune, in coerenza con la Dottrina sociale della Chiesa e dell'Umanesimo cristiano che Papa Francesco, dalla Sua elezione nel 2013, sottolinea a tutti ogni giorno e che certamente farà nei suoi discorsi a Cuna e negli USA.
Questi discorsi sembrerebbero profetici, ed è, quindi, responsabilità dei Laici impegnati in politica, ispirati all'umanesimo cristiano, e dei Cattolici, senza aggettivi, sapere trarre le indicazioni più coerenti nelle scelte politiche del tempo della globalizzazione.
Antonino Giannone Vice Presidente ALEF (Associazione Liberi e Forti) Docente di Etica professionale e Relazioni industriali- Strategie aziendali
Sabato, 19 Settembre 2015
ALCUNE NOTE SULLA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE IN DISCUSSIONE AL SENATO Alcuni autorevoli commentatori del disegno di legge di revisione della Costituzione (Atto Senato n. 1429-B) in discussione in questi giorni al Senato, nell’intento di confutare un presunto carattere autoritario del combinato disposto della riforma costituzionale e del cosiddetto “Italicum”, hanno rilevato come il bilanciamento del governo si ottenga attraverso un rafforzamento dell’opposizione nella Camera dei Deputati oltre che della rappresentanza dei governi regionali nel Senato. Al riguardo, senza voler entrare in questa sede, nel merito della principale diatriba politica sul carattere autoritario o meno delle riforme in atto, mi limito a sottolineare come, volendo procedere ad una diversificazione tra i ruoli delle due Camere, si sia persa l’occasione di fare del Senato un’effettiva “camera delle regioni” creando i presupposti per la soppressione della Conferenza Stato-Regioni. “Costituzionalizzare” le funzioni della Conferenza Stato-Regioni attribuendone i compiti al nuovo Senato avrebbe infatti offerto una “mission” a quest’ultimo (mission che non appare chiara dal disegno di legge n. 1429-B all’esame del Senato) e garantito, nel contempo, maggiore trasparenza ai procedimenti inerenti importanti decisioni politiche in materia di spesa sanitaria, ripartizione dei fondi strutturali e partecipazione delle regioni alla fase formativa del diritto comunitario (cosiddetta “fase ascendente”), solo per citare alcuni degli importanti compiti della Conferenza Stato-Regioni. Quanto alla trasparenza non si tratta di muovere alcun rilievo all’attuale funzionamento della Conferenza Stato-Regioni ma semplicemente di quell’innegabile salto di qualità, sotto il profilo della conoscibilità degli atti e delle decisioni da parte dei cittadini, che si avrebbe nel “costituzionalizzarne” il modo di lavorare. Nonostante vada infatti di moda criticare il Parlamento come causa (a ben vedere caprio espiatorio) di rallentamenti nelle decisioni, è innegabile che dal sito Internet e dagli altri documenti parlamentari i cittadini possono avere visione, entro 24 ore (e spesso prima), dei documenti approvati, delle alternative proposte e di come si siano schierati i “decisori”, cosa che purtroppo non sempre avviene per altre istituzioni e organismi pubblici. A taluni sembra sfuggire, tanto nel contesto del dibattito degli addetti ai lavori quanto sulla stampa, che l’articolo 5 del disegno di legge n. 1429-B, recante le modifiche costituzionali, all’esame del Senato, reca una disposizione che prevede che “Il regolamento stabilisce in quali casi l’elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato della Repubblica possono essere limitate in ragione dell’esercizio di funzioni di governo regionali o locali”. Ancorché tale disposizione non vieti espressamente la titolarità di cariche nei governi regionali e locali e la qualità di senatore, sicuramente sembra prefigurare un orientamento nel senso di tale incompatibilità o, almeno, di una incompatibilità tra la qualità di componente degli esecutivi regionali e la titolarità di organi del Senato (Presidente del Senato o una delle sue commissioni?). Ora, se si delinea una tale incompatibilità, è realistico immaginare che i Presidenti delle Regioni possano mai accettare di delegare le importanti decisioni che oggi sono chiamati a prendere direttamente nella Conferenza Stato-Regioni ai loro colleghi consiglieri regionali componenti del Senato? E se tale situazione è vera, è realistico immaginare che si possa mai sopprimere la Conferenza Stato-Regioni a seguito della nascita del nuovo Senato? E quale sarà allora il ruolo, in sintesi, del nuovo Senato se la competenza essenziale per le leggi statali passerà alla sola Camera e la competenza sostanziale per i grandi temi di interesse regionale resterà alla Conferenza Stato-Regioni? Aggiungo ai suddetti interrogativi, un ultimo interrogativo in materia di competenze regionali. Il disegno di legge di riforma costituzionale interviene sulla materia delle competenze concorrenti di cui all’articolo 117 della Costituzione vigente, che hanno dato luogo e decine se non centinaia di contenziosi tra lo Stato e le regioni, per tentare una razionalizzazione. Senza tuttavia entrare nel merito dell’opportunità di disporre una differenziazione tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale, mi chiedo: a quanto nuovo e ulteriore contenzioso darà luogo il comma 12 dell’articolo 39 che prevede: “Le disposizioni di cui al capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino all’adeguamento dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime”? In sostanza avremo due Costituzioni? La nuova per le regioni a statuto ordinario e la vecchia per le regioni a statuto speciale? Esistono precedenti di coesistenza di una Costituzione abrogante e di una Costituzione abrogata nei Paesi occidentali? Non sarebbe stato preferibile avere un articolo “bis” che disciplinasse le norme applicabili alle regioni a statuto speciale? Mi sono permesso di segnalare i suddetti interrogativi per offrire un contributo su profili che, nel vivo della discussione politica, sembrano sfuggire all’attenzione dei giornali. Marco D’Agostini (già Consigliere Parlamentare Segretario della Commissione Affari costituzionali del Senato) Mai così in basso
Un presidente del consiglio che dà delle “bestie” ai suoi oppositori non si era mai visto nella storia della Repubblica italiana e nemmeno in quella del Regno sabaudo pre fascista. Ieri il giovin signore fiorentino ha toccato il fondo con il solito suo twitt secondo cui: “ la maggioranza c’è, resto è contorno”.
Questa è la concezione della democrazia di questo presidente extra parlamentare, mai eletto e catapultato alla guida dell’Italia da colui che avallò il “golpe blanco” del Novembre 2011 impedendo agli italiani di esprimere con il voto la loro reale volontà e rendendosi responsabile dell’incarico di ben tre capi del governo, due dei quali nemmeno eletti in Parlamento, espresso da una legge elettorale incostituzionale e con l’ultimo dei quali, Matteo Renzi, espressione di una conquista della guida del suo partito con metodi alquanto disinvolti e senza regole e garanzie.
Ora, alla vigilia del voto di riforma del Senato e della stessa collegata legge elettorale, siamo al redde rationem di un sistema istituzionale imballato, c’è solo da sperare nell’ autorevolezza e capacità di guida responsabile di un galantuomo come riteniamo sia il Presidente Sergio Mattarella.
Con un ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che ha deciso di mutuare il suo partito da Nuovo Centro Destra a Nuovo Centro Deserto, incurante dell’inevitabile frantumazione dell’atomo che le sue scelte determineranno, consegnandosi in toto nelle mani del “ Bomba” fiorentino, il trasformismo dei tempi storici depretisiani e giolittiani è roba da chierichetti rispetto a quest’autentico saltimbanco della politica interessato solo a salvaguardare la propria sopravvivenza e di alcuni suoi fedelissimi.
Spiace che l’allievo siciliano di quel gigante politico che, al suo confronto, fu Lillo Mannino, si sia ridotto al ruolo di turiferario del capo del governo, anche se ciò servirà a fare definitiva chiarezza non solo con lui, ma anche con quanti ex DC e popolari intendono sostenere un percorso politico avventuristico e senza speranza.
Noi continuiamo a ritenere che compito di noi indegni eredi del popolarismo sturziano e della DC degasperiana e morotea, sia quello di operare per la ricostruzione dell’area popolare e dei laici cristianamente ispirati, alternativa al socialismo trasformista renziano che nulla ha a che spartire con le altre tradizioni riformiste e socialdemocratiche europee, e alternativa agli estremismi populistici.
Di ciò discuteremo a Roma alla Bonus Pastor, Martedì’ 15 Settembre p.v., per dar vita al comitato provvisorio nazionale con cui far partire, dalle realtà territoriali di base, le comunità civico popolari di partecipazione politica e demcoratica, attraverso cui far nascere la nuova classe dirigente ispirata ai valori dell’umanesimo cristiano e che intende fare riferimento al PPE. Stavolta sarà l’ultima chiamata e chi ci starà bene e degli altri ce ne faremo finalmente una ragione.
Ettore Bonalberti
Quell’arrogante de “ Il Bomba”
Ve lo immaginereste voi, intendo quelli della mia età nati agli albori della Repubblica, Aldo Moro, Amintore Fanfani o altri illustri presidenti del Consiglio della Prima Repubblica dare delle “bestie” ai loro oppositori? Oggi siamo nelle mani di questo giovanotto, mai eletto dal popolo e insediatosi a Palazzo Chigi con la complicità di un Presidente della Repubblica mallevadore di un congresso di partito senza regole e controlli, che usa senza ritegno quell’insulto come fosse un avvinazzato giocatore di bocce….. E ci sono pure quelli col maglione d’ordinanza che lo considerano “ la migliore speranza di questo Paese nel 21esimo secolo”. Attenti al “Bomba”: passasse al Senato il combinato disposto della riforma di quella Camera e dell’Italicum nei testi sin qui approvati saremmo alla dittatura di regime, oltretutto, nelle mani di un maleducato arrogante senza ritegno.
Ettore Bonalberti
Venezia, 8 settembre 2015 Etica professionale e relazioni industriali di Antonino Giannone |
![]() Lo sviluppo dell'Innovazione nella società della globalizzazione, il domani delle aziende, dei management nell'era digitale, dipenderà dalla miscellanea di numerose tecnologie che abbiamo presentato: Mobile Internet-Intelligenza artificiale - Internet of Things e Smart City -iCloud - Robotica, con Domotica e Avionica e con i veicoli autoguidati - Nanotecnologie- Big Data- Nuove piattaforme digitali- Social network. Le conseguenze sulle persone, dentro la Globalizzazione, sono e saranno inevitabili. Abbiamo voluto esprimere non solo una preoccupazione, ma anche un convincimento etico e morale: è l'uomo, è la persona e la sua dignità che va rimessa al centro delle scelte strategiche e degli obiettivi aziendali, a qualunque latitudine. Il delicato periodo di transizione del primo periodo del III^ millennio, nell'ambito politico e sociale, è stato caratterizzato in Italia da inquietanti fenomeni di degrado nei rapporti tra pubblici poteri, da illegalità diffusa, da particolarismi locali, abbiamo visto aumentare notevolmente il numero dei cittadini che guarda con diffidenza la politica, in particolare cresce la sfiducia anche in un grande numero di giovani universitari. "La dignità della persona umana e il bene comune stanno al di sopra della tranquillità di alcuni che non vogliono rinunciare ai loro privilegi." (Papa Francesco). Per fronteggiare le grandi cupidigie individuali e collettive, bisognerebbe ricorrere anche a nuove forme di finanza: la finanza etica, verso l'economia reale e forme di economia civile al servizio dell'uomo, della famiglia, delle piccole e grandi aziende, dei progetti per le infrastrutture, dei giovani che vogliono fare impresa con nuove idee e start up e verso lo sviluppo delle Innovazioni tecnologiche. A ciò, in aggiunta, servirebbe un recupero dell'Etica in ogni professione e attività, riscoprendo i valori trasmessi dai filosofi greci e latini, dai pensatori moderni, dai grandi Educatori, Innovatori e Responsabili delle Religioni monoteiste. Auspichiamo che siano riaffermati i principi della solidarietà sociale per un destino migliore, ma anche per la salvaguardia dei beni della Terra e non per continuare ad agire per un totale sfruttamento e con incuria verso l'ambiente. E' un nostro dovere tutelare le generazioni che verranno. Intanto l'Etica e le virtù umane potrebbero, da subito, fare parte di un Insegnamento nelle Scuole e non solo in alcune Università e Politecnici. Una società, con gravi carenze di principi etici, si sta dimostrando negli anni duemila, priva di un'amalgama, di un "collante" che aiuti tutti a sostenere gli sforzi personali e collettivi verso il raggiungimento di obiettivi sociali ed economici condivisi. Servirebbe una nuova Steagall Glass Act che rilanci la Politica con la P maiuscola e auspichiamo che INSIEME si realizzi in Europa un aggiornato modello dell'UE che è ormai da anni in una crisi che preoccupa i popoli che ne fanno parte, specie i Paesi con economie più deboli e debiti più elevati. Bisognerebbe evitare che le grandi imprese, specie in Italia, trasferiscano altrove i loro Head Quartercome hanno fatto FCA e altre importanti imprese per mancanza di equità fiscale e altre norme ineguali nei Paesi dell'UE. "We must be the change we wish to see in the world" (Mahatma Gandhi).
Antonino Giannone. Professore al Politecnico di Torino con l'Insegnamento Etica professionale e Relazioni industriali- Strategie aziendali Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria della Produzione industriale e dell'Innovazione tecnologica. |
Costruiamo la seconda gamba del sistema
La condizione più volte denunciata della fine dello Stato di diritto in Italia e la situazione emergenziale di lunga durata sofferta dal sistema istituzionale, sono il riflesso della grave crisi politico culturale fra e nei partiti.
Una protesi artificiale prodotta dal porcellum incostituzionale e dalle equivoche regole delle primarie nel PD, ha favorito la leadership di Matteo Renzi e la formazione di un sovra dimensionato gruppo parlamentare del PD nei due rami del Parlamento.
Di qui la nascita di una, seppur fragile, prima gamba del sistema politico italiano, che è caratterizzato dalla frantumazione dell’ex centro-destra, dopo la crisi irreversibile della leadership berlusconiana, e dai due raggruppamenti del Movimento cinque stelle e della Lega. Tutto ciò in rappresentanza di poco più del 50% del corpo elettorale, con la restante parte che, da diverse tornate elettorali, diserta il voto.
Di qui la situazione inconsueta e più anomala di tutta la storia repubblicana italiana di un partito, il PD, che con il 25,4 % dei voti alle politiche del 2013 ( 29,5% l’intera coalizione), non solo controlla tutto il potere, ma si appresta con la famigerata legge dell’Italicum e la tragicomica soluzione prefigurata dalla legge di riforma del Senato a controllare in maniera totalitaria il Paese.
All’instabile gamba del sistema, rappresentata dal PD, se si andasse a votare con l’Italicum, sarebbe indispensabile concorrere alla costruzione della seconda gamba, al fine di garantire la sopravvivenza di una dialettica democratica senza la quale finiremmo in un regime a partito unico dominante.
Il tema che, come Popolari italiani ci proponiamo, non è quello della ricostruzione del centro-destra che, dopo la fallimentare esperienza ventennale a guida del Cavaliere, ha esaurito la sua funzione, ma di concorrere, come scriviamo da tempo, alla formazione di un nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da ricondurre ai principi dei padri fondatori. Un soggetto politico, seconda gamba del sistema italiano, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi delle estreme.
Su tale progetto, che può contare sul contributo offerto dagli orientamenti delle ultime encicliche della dottrina sociale della Chiesa, con la riaffermazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà quali antidoti alle degenerazioni prodotte a livello internazionale dal turbo capitalismo finanziario, dobbiamo fare i conti con la realtà politica del Paese.
La metà dell’elettorale che vota si polarizza su PD, M5S e Lega, con percentuali residue su ciò che rimane del vecchio centro-destra, mentre alla restante metà degli elettori che non votano, serve una nuova offerta politica in grado di suscitare una credibile speranza, dopo la sciagurata dimostrazione di inefficienza e immoralità della classe dirigente protagonista della seconda Repubblica agli sgoccioli.
Parlare di Popolari italiani, dopo la lunga diaspora vissuta dalla fine della DC, con gli assai poco commendevoli esempi degli eredi di quel grande partito, ancora divisi nell’assurda difesa di residuali ruoli di tristissime ininfluenti comparse, significa avere coscienza dell’enorme impegno che bisognerà mettere in campo, anche alla luce delle risorse umane e materiali che, molti di noi, al di fuori dei giochi dell’infausto ventennio (1994-2014), hanno dovuto sin qui impiegare per facilitare la ricomposizione di quest’area politico culturale.
L’obiettivo, tuttavia, che oggi ci poniamo non riguarda solo i cattolici e i Popolari, ma, più in generale, i laici cristianamente ispirati, che intendono collegarsi alla migliore tradizione del PPE di Adenauer, De Gasperi e Schuman, alternativa al quella del PSE nelle sue attuali declinazioni nazionali: laburiste, socialiste francesi o spagnole, trasformiste renziane.
Offrire una nuova speranza alla metà degli elettori che non vanno a votare, vuol dire partire da un’analisi attenta di ciò che accade a livello della nostra società che, euristicamente, ho più volte cercato di rappresentare, in quella da me definita “teoria dei quattro stati”: la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo, il quarto non Stato.
Nulla abbiamo da sperare dalla casta, sempre più chiusa nei suoi privilegi e nella propria autoreferenzialità e con connessioni sempre meno occulte con quel quarto non stato pronto a utilizzare ogni opportunità offerta da chi gestisce il potere. Un’attenta valutazione e un serio confronto si dovranno, invece, compiere sulla complessa e ar